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Raffaele Pugliese (a cura di) – La casa popolare in Lombardia. 1903-2003 – 2005

Raffaele Pugliese (a cura di)
Milano, Unicopli, pp. 366, euro 50,00

Anno di pubblicazione: 2005

Il volume assume un dichiarato intento documentario, volto a costituire un ?preliminare e fondativo nucleo conoscitivo? (Pugliese, p. 23) delle realizzazioni dell’edilizia pubblica in Lombardia nel corso del ‘900, insieme a una prospettiva di valorizzazione di quel patrimonio, spesso attaccato dall’opinione pubblica e non sempre adeguatamente apprezzato dalla stessa cultura architettonica. Ciò si riflette nell’articolata struttura del libro: schede informative sui singoli episodi architettonici analizzati, raggruppate in cinque sezioni relative alle diverse fasi storiche, ciascuna introdotta da contributi che offrono un filo conduttore e una chiave interpretativa unitaria di quella stagione della cultura architettonica. Sono così evidenziate le relazioni tra ricerca architettonica e realizzazioni edilizie pubbliche, ?isole di un ordine programmato che è facilmente riconducibile ai principi ispiratori degli orientamenti culturali perseguiti dall’architettura e dall’urbanistica in quel momento storico? (Pugliese, p. 25).
L’impianto unitario e riconoscibile dei quartieri popolari pubblici è riscontrabile nei moduli degli isolati semintensivi ?a corte? chiusi e della ?città giardino? nella prima fase (1903-1923), elaborati dall’Ufficio tecnico dell’IACP di Milano, nelle composizioni aperte di corpi in linea intensivi ?lamellari? progettati dai nuovi architetti del movimento razionalista nel periodo fascista, in quelle più varie e mosse di edifici a bassa densità dei ?quartieri autosufficienti? INA-Casa nel dopoguerra (1943-1963), e nelle grandi unità residenziali con cui la cultura architettonica, nei decenni 1963-1983, cerca di reagire al processo di disgregazione della città rispondendo al mutamento di scala imposto dal nuovo carattere metropolitano del territorio (saggi di C. Camponogara, C. Bergo, G.L. Ciagà, M. Lucchini). Nel 1983-2003 interventi più minuti e attenti al recupero e alla qualità ambientale corrispondono a nuove esigenze di personalizzazione degli spazi abitativi. Sullo sfondo il tema delle responsabilità della cultura architettonica nel degrado sociale delle periferie, la cui causa originaria per Pugliese non risiederebbe nella forma insediativa, bensì nelle condizioni economiche degli abitanti e nella negativa gestione dei quartieri, mentre si rileva ?l’incomprensione profonda? e il ?rifiuto? degli abitanti per gli edifici di scala gigante, segno di una ??discrasia’ tra lo spessore culturale dell’architettura e le aspettative relative alla qualità dell’abitare da parte degli utenti? (Lucchini, p. 225).
Tra i meriti maggiori del volume vanno citati l’analitico impianto di schedatura e il ricco apparato illustrativo ? attinto da una vasta serie di fonti degli archivi delle ALER ? insieme a un contributo interpretativo di notevole portata sul tema in questione nell’arco di un secolo. Si tratta però di un’opera che si colloca decisamente, sul piano metodologico, problematico e linguistico, nel campo disciplinare della storia dell’architettura, dal quale provengono gli autori. Sono assenti specifici contributi storiografici sugli aspetti amministrativi, istituzionali e socio-antropologici, che pure costituirebbero elementi indispensabili per una comprensione storica complessiva del fenomeno.

Roberto Ferretti