Cerca

Raffaele Romanelli (a cura di) – Impero, imperi. Una conversazione – 2010

Raffaele Romanelli (a cura di)
Napoli-Roma, L’ancora del Mediterraneo, 368 pp., Euro 30,00

Anno di pubblicazione: 2010

Che anche la storiografia italiana discuta di concetti e realtà imperiali va salutato positivamente. Il volume raccoglie saggi che si muovono secondo prospettive e realtà storiche diverse, dal mondo romano antico alla contemporaneità. Nascono all’insegna del dialogo tra metodi storico e delle scienze politico-sociali, ma in pochi casi (Costa, Desideri, Romanelli) riescono a praticarlo in modo convincente. Se è vero che appartengono alla scienza politica e sociale alcuni dei punti di riferimento fondamentali, da Weber, Mann e Doyle, per arrivare al libro di Münkler, è pure vero che la riflessione storica sulle forme imperiali sembra piuttosto enfatizzare le peculiarità politico-istituzionali e cultural-ideologiche.Dato di partenza è che storia dell’Europa non si riassume nel progresso verso una modernità, di cui lo Stato-nazione è punto di arrivo. Le forme «imperiali» sono state al centro della storia dell’Occidente più a lungo che non le forme dello Stato-nazione, la cui età d’oro si colloca tra fine ‘700 e inizio ‘900. Perciò, la categoria di «impero» finisce per applicarsi a un maggior numero di realtà storiche e lungo una più ampia estensione cronologica che non il concetto di «Stato». D’altra parte il termine «impero» possiede un’accezione «interna» – l’ordinamento istituzionale di una struttura politica storicamente data e la pienezza della sovranità – e una «esterna», riferentesi cioè alle strutture di dominio su altri popoli e organizzazioni politiche. Se consideriamo la prima accezione, evocante l’idea di una sovranità piena e indipendente da soggetti esterni, ne è chiara la stretta connessione con la storia delle strutture statuali.Dopo la riflessione metodologica di Costa sulla utile collaborazione tra il punto di vista «modellistico» dello scienziato della politica e quello individualizzante degli storici, gli altri saggi trattano argomenti dall’Impero romano al Sacro Romano Impero nella prima età moderna, alla Monarchia ispano-asburgica all’Impero coloniale ispano-americano, alle problematiche imperiali della cultura politica illuministica, inscindibili dalla riflessione intorno al concetto di «civiltà». Si passa poi alle formazioni imperiali ottocentesche come l’Impero britannico di epoca vittoriana, fino alle problematiche imperiali del ‘900 e quelle post-belliche e infine quelle caratteristiche del mondo globalizzato post-comunista. Tra tutti vale la pena richiamare il contributo di Desideri sull’Impero romano, che mostra le ragioni per cui quest’ultimo sia stato fonte d’ispirazione di molte successive esperienze imperiali, e ha conosciuto tutte le posteriori problematiche imperiali, dalla «guerra giusta» fino al discorso ideologico sulla «democrazia universale» tipico della politica statunitense nel secondo ‘900. Se un insegnamento si trae dal libro, esso consiste nella consapevolezza della difficoltà di un ideal-tipo imperiale utile alla comprensione di realtà storiche tanto diverse. Un appunto che si può fare riguarda l’assenza di raffronti con forme imperiali non europee, che hanno costituito la forma prevalente di organizzazione politica nel mondo incivilito non occidentale, dove le formazioni statali nazionali sono emerse solo molto tardi in conseguenza dell’aggressione europea.

Guido Abbattista