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Raul Pupo – Il lungo esodo. Istria: le persecuzioni, le foibe, l’esilio – 2005

Raul Pupo
Milano, Rizzoli, pp. 333, euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2005

Per più di mezzo secolo il tema delle foibe e dell’esodo dall’Istria e Dalmazia ha continuato a suscitare polemiche. Il libro di Raul Pupo probabilmente chiuderà quest’epoca e ne aprirà un’altra, quella della ricerca e del dibattito per conoscere e non solo per polemizzare. Il merito di questa auspicata svolta non è soltanto di Pupo; è cambiato il clima politico: non ci sono più quei comunisti italiani che considerarono lo spostamento verso Ovest della frontiera jugoslava come un avanzamento del socialismo; non c’è più la storiografia negazionista o riduttivista di molti storici jugoslavi e italiani; non c’è più la demagogia dei politici che hanno speculato facendo promesse ai profughi senza mantenerle; e soprattutto non ci sono più la Jugoslavia, né l’URSS, né la guerra fredda. Tutto ciò non toglie meriti a Raul Pupo, spiega perché il suo libro oggi è stato possibile. Finalmente.
Pupo affronta l’arco della vicenda istriana e dalmata, dal periodo del fascismo e dell’italianizzazione, alla costruzione del socialismo jugoslavo, attraverso espropri e slavizzazione, fino alla storia dell’accoglienza (pessima) dei profughi in Italia. La documentazione è ampia e arricchita da molte interviste, i toni sono moderati e i giudizi autonomi. Pupo ricostruisce efficacemente il contesto in cui avvennero le violenze e l’azione dei diversi soggetti politici (governi, partiti, organizzazioni partigiane) che le resero possibili e contribuirono alla loro attuazione. Affronta nodi interpretativi importanti, in particolare il nesso esistente tra liberazione-nazionalismo-costruzione dello Stato socialista. Descrive un unico processo di violenza che inizia nella guerra partigiana e che, nel dopoguerra, continua come ?lotta di classe? fatta di espropri ed emarginazione dei ceti borghesi (e non soltanto).
La trattazione, come è inevitabile, lascia terreni di indagine ancora aperti. In particolare due.
Il primo riguarda le dinamiche e le forme della violenza. Questa è il frutto dell’azione non soltanto dei soggetti politici di cui parla Pupo, ma anche di attori più piccoli, come la gente comune, che agisce nel quadro creato dai politici, ma con obiettivi, consapevolezza e orizzonti differenti. Vi sono ambiti di autonomia ai vari livelli che non possono essere trascurati e che spiegano le dinamiche effettive della violenza. Un’analisi a livello micro, più vicina agli attori materiali delle violenze, a mio avviso è opportuna.
Il secondo terreno di indagine ancora da affrontare riguarda l’unicità di questa vicenda. Pupo giustamente fa cenni a casi analoghi di violenza avvenuti negli stessi anni. Forse si limita a cenni per timore di provocare la suscettibilità dei profughi, gelosi dell’unicità del loro dolore. Le violenze furono però un fatto diffuso nell’Europa del dopoguerra, basta pensare agli spostamenti forzati e alle uccisioni in massa di tedeschi ?etnici?, di ucraini e polacchi, o alle deportazioni nei paesi dove era imposto il sistema sovietico. Un’analisi comparata potrebbe fornire strumenti utili di analisi anche per il caso degli italiani di Istria e Dalmazia.

Marco Buttino