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Religion as Resistance. Negotiating Authority in Italian Libya

Eileen Ryan
Oxford, Oxford University Press, 244 pp., $ 78,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il volume ripercorre la storia novecentesca della Sanusiyya, la Confraternita musulmana
che ebbe un ruolo di primo piano nella lotta contro l’occupazione coloniale italiana
in Nord Africa. La prospettiva di partenza è quella di collocare la Sanusiyya in una storia
di più ampia contrapposizione e contrattazione con il potere coloniale europeo, francese e
inglese, al di là di quello italiano. Proprio il rapporto con gli inglesi e l’Egitto rappresentò
nella prospettiva della Sanusiyya una risorsa strategica per smarcarsi da un legame di troppo
stretta dipendenza dall’Italia, e dopo la fine della seconda guerra mondiale fu decisivo
per portare Idris al-Sanusi alla guida della monarchia libica indipendente nel 1951.
Il volume è costruito intorno a fonti inedite provenienti da archivi italiani, francesi
e inglesi. Inoltre, l’a. ha il merito di utilizzare anche alcune fonti orali tra le oltre ottomila
registrate e custodite presso il Libyan Studies Center di Tripoli, frutto della raccolta di storie
di resistenza al dominio italiano iniziata nel 1978 sotto il coordinamento scientifico di
Jan Vansina. Il ricorso a queste fonti orali è l’occasione per riflettere criticamente sul loro
utilizzo: il progetto di storia orale voluto da Qaddafi raggiunse l’obiettivo di relativizzare
il ruolo della Sanusiyya nella storiografia sulla resistenza all’occupazione italiana, ma «non
eliminò» l’élite Sanusi quale attore fortemente visibile nelle interazioni di potere con i
colonizzatori italiani (p. 181).
Un filo rosso percorre il volume attraverso il tema del rapporto tra potere coloniale
e Chiesa cattolica in relazione non solo alla colonizzazione di un paese musulmano, ma
soprattutto in funzione dei tentativi di mediazione prima e lotta poi con la Sanusiyya.
La prospettiva di governare un paese musulmano «prevalse sullo sforzo di coinvolgere
la Chiesa cattolica nell’espansione Oltremare», tanto negli anni ’10 del ’900 così come
successivamente con l’avvento del fascismo (p. 69). D’altra parte, la caratterizzazione
della via Sanusi all’islam come prettamente connotata in termini antitaliani per il suo
messaggio fortemente rigorista fu in realtà funzionale all’incameramento delle ingenti
proprietà della Confraternita (p. 164). Il tentativo in epoca liberale di un accordo con
Idris al-Sanusi intendeva trasformarlo in un intermediario dell’amministrazione italiana,
tuttavia l’esito, un po’ paradossalmente, fu quello di spingerlo all’esilio in Egitto. Lasciare
la Libia voleva dire per Idris preservare il suo ruolo religioso e, indirettamente, politico;
rimanere avrebbe al contrario significato perdere l’appoggio della sua base politica, diventando
un «intermediario» degli italiani (p. 133). Nel secondo dopoguerra Idris fu in
grado di fare dell’islam il principale elemento di mobilitazione nazionale, proprio per non
essersi compromesso fino in fondo con il potere coloniale, tuttavia a giudizio di chi scrive
tale mobilitazione venne intrapresa soprattutto utilizzando la Sanusiyya come un corpo
parallelo dello Stato e dell’amministrazione pubblica, nient’affatto distanziandosi da essa,
come conclude l’a. (p. 170).

Antonio M. Morone