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Renate Siebert – Il razzismo. Il riconoscimento negato – 2003

Renate Siebert
Roma, Carocci, pp. 169, euro 15,50

Anno di pubblicazione: 2003

Formatasi alla scuola di Theodor W. Adorno, Renate Siebert affronta in questo agevole e stimolante volume il non facile tema del razzismo, un fenomeno questo che nel corso del libro viene sottoposto ad efficaci precisazioni di natura concettuale e ad analisi storiche ben definite. Nella prima parte si introduce una descrizione di tipo sociologico riguardante la questione dell’alterità, assunta come questione da una mentalità razzista che, originata in luoghi-non-luoghi psichici, infrapsichici e sociali, percepisce l’altro tramite una sensorialità fortemente caratterizzata da preconcetti e rappresentazioni cristallizzate che impediscono l’incontro in una dimensione cognitiva reale con l’altro. I dispositivi reattivi ed elaborativi messi in atto dal sistema razzista si sostanziano di molteplici e complesse dinamiche psichiche, orientate a costruire l’alterità mediante accentuate e deformanti stereotipizzazioni che, a loro volta, modellano opinioni, pregiudizi e ?senso comune? tendenti a relegare l’altro da sé in invisibili sfere preumane. I recenti contributi apparsi in Italia, Francia e Germania rivolti allo studio dell’universo razzista hanno un ruolo di rilevanza centrale lungo il corso della trattazione, dibattiti che aiutano a circostanziare gli snodi primari su cui il discorso dell’autrice si sintonizza e s’inserisce. Senza retorica, ma con un forte senso etico che esclude facili moralismi, Siebert individua nella quotidiana e diretta esperienza con l’alterità il momento cruciale in cui si crea quella resistenza essenziale alla formazione di immagini ed immaginari tanto impersonali quanto astratti che plasmano, al contrario, il discorso razzista. Il secondo momento su cui siamo chiamati a riflettere riguarda la traiettoria storica conosciuta dal razzismo che è una storia contrassegnata da cieche devozioni a totem di razza, di nazione, di sangue, di cultura; totem che, in fasi diverse della modernità, hanno fornito una giustificazione ideologica alla mitizzazione di quelle componenti reputate costitutive e strettamente esclusive dell’identità di un popolo, di una nazione, di un’etnia. Denso e lucido il capitolo concernente l’antisemitismo ? definito una forma particolare di razzismo ? in cui si nota una felice continuità argomentativa con le analisi proposte a suo tempo da Adorno, le quali, riprendendo il concetto weberiano di ?razionalità strumentale?, riferiscono alla deriva e riduzione della ragione ad intelletto il momento storico in cui si è potuto concepire la nascita di quell’industria di morte che è stata la Shoah. La parte conclusiva è preposta a tracciare gli orizzonti conoscitivi entro cui si collocano i fenomeni migratori e le prospettive multiculturali che attualmente si profilano con evidente forza e che soltanto con una pratica costante di quel Unlearning Racism che, lontano dal risolvere la diversità in inferiorità, o dal dividere un ?noi? da un ?loro?, è capace di scorgere nella relazione umana l’occasione centrale per rieducarsi, consapevolmente, all’altro.

Elena Mazzini