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Resa nella guerra totale. Il Regio esercito nel Mezzogiorno continentale di fronte all’armistizio

Mario De Prospo
Milano, Le Monnier, VII-211 pp., € 16,00

Anno di pubblicazione: 2016

Protagonista è la VII Armata, posta a difesa del territorio meridionale, le cui vicende
vengono ricostruite a partire dal centro, ovvero dallo stesso comando d’Armata, allargando
poi lo sguardo alle periferie delle diverse unità dislocate nelle regioni interessate e alla
relazione tra militari e civili. Diari del comando d’Armata, delle diverse unità, inchieste,
corrispondenze, sentenze dei tribunali di guerra consentono di mettere a fuoco avvenimenti
e personaggi di questo drammatico passaggio della storia d’Italia.
La scelta di studiare l’esercito si rivela di notevole importanza poiché consente di
tornare sulle modalità dello sfaldamento del Regno d’Italia davanti alla sconfitta da un
punto di osservazione cruciale, qual è l’istituzione protagonista della guerra e tra le più
legate alla monarchia, quella ai cui comandanti era stato affidato il compito di governare
l’uscita dal fascismo e i passi successivi. La narrazione diventa più interessante man mano
che si passa dal comando d’Armata ai livelli intermedi e bassi delle unità dislocate nelle
diverse regioni. Qui l’a. sottolinea l’importanza della ricostruzione di storie di singoli
ufficiali, che costituiscono «gli interstizi del macroevento», (p. 40) lasciati soli a reggere
responsabilità di comando con ordini contraddittori o del tutto assenti. È appunto l’isolamento,
la solitudine, la difficoltà di immaginare perfino una linea di condotta che rende
difficile l’azione di comando davanti a truppe ormai demotivate che vedono nella fuga e
nella salvezza personale l’unica via d’uscita.
Va sottolineata in primo luogo l’attitudine per così dire politico-ideologica o culturale
di molti ufficiali, soprattutto di rango superiore, meglio disposti a interpretare
l’emergenza dell’8 settembre come problema di ordine pubblico e non come radicale
cambiamento di fronte. Per molti il nemico da tenere a bada resta il popolaccio mentre
con i tedeschi si imbastiscono relazioni diplomatiche nell’illusione che, facilitandone la
ritirata, si sarebbe risolto il problema della loro presenza in Italia. Non ci sarà quindi se
non episodico contrasto alle violenze e ai furti; per non dire dei reparti italiani paralizzati
dall’indecisione che si arrendevano all’ex alleato. Rare le reazioni decise, come nell’area di
Brindisi e Taranto che avrebbe ospitato il re fuggiasco. Napoli invece sarebbe stata teatro
di diverse esperienze con casi importanti di collaborazione tra militari e civili, mentre
ufficiali superiori rimanevano inerti. La struttura che meglio avrebbe dovuto assicurare il
tentativo di garantire la continuità dello Stato, riesce a malapena a rispondere alla sollecitazione
di una strategia unicamente volta a salvare i destini della dinastia (p. 96).
È un bel libro che apre una prospettiva di studi e di riflessioni molto utili alla continuazione
della ricerca su questo filone, così sottratto alla storiografia di mero carattere
militare, e per questo bisognoso di ampia contestualizzazione e di maggior dialogo con la
letteratura storica.

Rosario Mangiameli