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Riccardo Ferrante – Dans l’ordre établi par le Code civil. La scienza del diritto al tramonto dell’illuminismo giuridico – 2002

Riccardo Ferrante
Milano, Giuffrè, pp. 419, euro 29,50

Anno di pubblicazione: 2002

Rivisitare i testi che una consolidata tradizione interpretativa ha posto agli esordi della scuola dell’esegesi, per verificare la congruità di una tale iscrizione, è quanto si propone Ferrante in questo volume. La ricerca si snoda lungo tre direttrici. La prima, e a mio avviso la più innovativa, analizza, soprattutto sulla scorta delle testimonianze prodotte dagli ispettori delle università, le modalità in cui veniva impartito l’insegnamento del diritto nell’università imperiale a partire dal 1804, quando il piano degli studi giuridici diviene funzione del nuovo ?ordine? normativo fissato nel Codice. Basandosi sulla felice intuizione che un testo di diritto, si legittimava soprattutto come testo didattico, ma anche enfatizzando la centralità attribuita ai temi dell’apprendimento della cultura da parte dell’idéologie, Ferrante smonta l’assunto in base al quale il metodo di studio, fissato dal legislatore del 1804 e scandito dans l’ordre établi par le Code civil, significasse una mera ricognizione esegetica del testo codicistico. Le testimonianze degli ispettori, che avrebbero dovuto svolgere il ruolo di cinghie di trasmissione dell’autoritaria volontà imperiale, sono invece ricche di spunti che vanno verso un’altra direzione, resistendo ad un taglio eccessivamente pratico dell’insegnamento universitario e sollecitando un ampliamento delle prospettive verso i principi generali.
La seconda parte è incentrata sulla figura del giurista ligure Ambrogio Laberio, che con i suoi Razionali sopra il Codice Napoleone del 1808 può ambire al titolo di primo commentatore italiano del codice. La ricostruzione della sua biografia e della sua attività scientifica, che dalle iniziali allegazioni forensi nella Genova del tardo antico regime giunge, tramite un’adesione moderata all’esperienza ?giacobina?, alla cattedra imperiale, è funzionale a dimostrare la continuità dell’approccio allo studio del diritto: Laberio nel commentare il codice utilizza un metodo non tanto distante da quello che la tradizione ligure aveva stratificato nello studio degli statuti civili.
La terza ed ultima parte è dedicata ad analizzare gli scritti di alcuni primi interpreti francesi del Codice, protagonisti anch’essi nella nuova organizzazione universitaria. Bersaglio polemico di questa rilettura sono le pagine che nel 1924 Julien Bonnecase aveva dedicato alla ?scuola dell’esegesi?, fissandone in maniera apodittica i connotati. Ferrante, al contrario, recupera tutte le esitazioni e le incertezze di questa generazione di mezzo, colmando il baratro che l’emanazione del Codice avrebbe dovuto introdurre tra i giuristi delle scuole libere di diritto del Consolato e quelli dell’università imperiale. Stupisce però che in questo rimescolamento dei ruoli, intonato alla complessità del ?tramonto dell’illuminismo?, Ferrante non citi neanche una volta la fondamentale ricerca di Alfons Bürge del 1991. Pur focalizzata sulla generazione successiva di giuristi, quest’analisi aveva già ampiamente dimostrato che anche negli anni della sua piena affermazione la cosiddetta scuola dell’esegesi si prestava ad essere meglio definita nel crocevia ?zwischen Tradition und Pandektwissenschaft, Liberalismus und Etatismus?.

Francesca Sofia