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Ritratto di una generazione: il Collegio Mussolini come “Universitas personarum”. Lettere a Giovanni Pieraccini (1937-1943)

Ginevra Avalle (a cura di)
prefazione di Mauro Moretti, Manduria, Lacaita, 186 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2015

Il volume raccoglie le lettere inviate, tra la fine degli anni ’30 e la seconda guerra
mondiale, da alcuni amici e compagni di studi al giovane Giovanni Pieraccini. Esponente
di spicco del Partito socialista italiano e più volte ministro nei governi di centrosinistra
negli anni della Repubblica, in gioventù Pieraccini studiò Giurisprudenza a Pisa, e fu
per due anni, dal 1938 al 1940, allievo del Collegio Mussolini di Scienze corporative,
la struttura residenziale di formazione di studenti selezionati, diretta in cogestione dalla
Scuola Normale e dalla Scuola di studi corporativi. Fu proprio negli ambienti dell’ateneo
e del collegio che il giovane conobbe gli amici protagonisti dei carteggi qui pubblicati:
Giorgio Fuà, Gian Paolo Meucci, Massimo Monicelli, Raimondo Ricci, Emilio Rosini, a
cui si aggiungono le lettere scritte da Bindo Fiorentini, compagno di liceo di Pieraccini a
Viareggio e dal 1943 protagonista con lui della resistenza antifascista toscana.
L’introduzione della curatrice e la prefazione di Mauro Moretti offrono una contestualizzazione
che valorizza appieno il patrimonio di documenti presentato nella pubblicazione.
Nell’ambito degli studi sulla formazione accademica e culturale della generazione
del «lungo viaggio attraverso il fascismo», lo studio del caso pisano e delle sue istituzioni
accademiche d’eccellenza ha giocato nell’ultimo ventennio un ruolo fondamentale per
tematizzare le questioni fondamentali al di là delle generalizzazioni. Da questo punto di
vista, le lettere raccolte costituiscono una fonte assolutamente originale, essendo missive
scritte tra studenti, e non (come finora era accaduto per i documenti considerati dagli
studiosi) tra docenti, o da studenti a docenti e a funzionari amministrativi delle università.
Questo fa sì che gli aa. sembrino esprimersi in modo meno frenato, esprimendo più
esplicitamente interessi e orizzonti culturali di riferimento al di là dell’esperienza strettamente
legata al corso di studi.
Musica e letteratura, oltre alle prime acerbe riflessioni sulla vita e sui rapporti amorosi,
rappresentavano così argomenti di discussione assai più battuti che non gli argomenti
di studio universitario, quasi a dar conto di una «febbre» corporativa che colpiva le giovani
generazioni assai meno di quanto previsto. Eccezione quasi unica erano gli scambi con
Fuà, giovane ebreo espulso dal «Mussolini» nel 1938 per ragioni razziali, e trasferitosi in
Svizzera a studiare economia per poi collaborare con Adriano Olivetti e divenire uno dei
più influenti manager (ed economisti) italiani del dopoguerra. Nelle sue lettere l’interesse
appassionato per approcci e teorie di analisi econometrica e finanziaria allora poco praticati
in Italia si faceva preminente, alternandosi con amare considerazioni sul rapporto
tra fascismo e razza, che esprimevano la delusione di un giovane cresciuto nel «mito» del
regime e trovatosi da esso quasi tradito

Andrea Mariuzzo