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Roberto Balzani, Alberto De Bernardi – Storia del mondo contemporaneo – 2003

Roberto Balzani, Alberto De Bernardi
Milano, Bruno Mondadori, pp. 306, euro 21,00

Anno di pubblicazione: 2003

Si tratta di un nuovo manuale ?breve? di storia contemporanea destinato all’università riformata, tipologia alla quale i principali editori si stanno progressivamente adeguando, che si distingue per due caratteristiche principali. La prima riguarda la periodizzazione scelta: il testo comincia con un capitolo sul 1848 e alla metà secolo gli autori fanno risalire la definitiva affermazione dell’industria, il protagonismo di borghesia e proletariato, la centralità della nazione, accanto ad altri elementi caratterizzanti l’età contemporanea. Si tratta di una scelta discutibile ma non certo gratuita. La nascita della contemporaneità storica, se non si riconosce un carattere fondante alla doppia rivoluzione industriale e francese, può essere stabilita in momenti diversi nessuno dei quali, se inteso come soglia assoluta di una nuova età, ha dalla sua parte argomenti irrefutabili. Più in generale, sempre a proposito di periodizzazione, si può osservare che due terzi del volume sono dedicati al ?secolo breve? novecentesco, sottolineandone la centralità anche didattica nell’ottica degli autori.
La seconda caratteristica sta invece nell’organizzazione del testo che comprende un buon numero di schede, in corpo minore e su fondo grigio, nelle quali sono trattati temi che non trovano posto nel discorso principale. L’espediente è senz’altro utile, soprattutto in un volume necessariamente breve, anche se i contenuti di questa sezione appaiono notevolmente disomogenei. Vi trovano posto infatti sia veri e propri approfondimenti, dal caso Dreyfus al planismo di De Man passando per il satyagraha, che semplici e necessarie espansioni del testo: Mazzini e i moderati italiani, la guerra civile spagnola, il processo di integrazione europea. Peraltro alcuni di questi stessi casuali esempi indicano che la sintesi di Balzani e De Bernardi rappresenta un esperimento di notevole interesse.
Individuare lacune in lavori di questo genere è un esercizio sensato forse solo se rivolto a sottolinearne l’oggettiva difficoltà, piuttosto che presunte manchevolezze specifiche. Questo caso non fa eccezione. Sul piano generale si può ad esempio osservare che la storia sociale è presente soprattutto nelle schede grigie, e che quella delle istituzioni avrebbe probabilmente meritato qualche spazio in più; ma, se si passa a un’osservazione specifica, è la tirannia dello spazio che si fa sentire: l’Italia liberale sta in meno di venti pagine, l’Inghilterra vittoriana è lontana dal coprirne complessivamente cinque, alla Repubblica di Weimar ne tocca poco più di una, e gli esempi potrebbero continuare.
In conclusione la comparsa di questo manuale, proprio perché evidentemente frutto di un progetto e di un lavoro non occasionali, ripropone due domande: siamo certi che la lettera o lo spirito della riforma ci chiedano di trattare le stesse epoche storiche in testi lunghi al massimo la metà di quelli usati tradizionalmente? E, se così fosse, siamo certi che le dimensioni richieste siano comunque compatibili con una trattazione cronologica sintetica ma completa?

Giuseppe Civile