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Roberto Chiarini – 25 aprile. La competizione politica sulla memoria – 2005

Roberto Chiarini
Venezia, Marsilio, pp. 119, euro 9,00

Anno di pubblicazione: 2005

Il volume di Roberto Chiarini, docente di Storia contemporanea all’Università Statale di Milano, è dedicato alle diverse memorie, da intendersi qui come retoriche pubbliche, elaborate dai partiti dell’Italia repubblicana per interpretare il fenomeno resistenziale. L’immagine proposta della Resistenza quale nuovo riferimento identitario per il paese uscito sconfitto dalla seconda guerra mondiale è dunque l’oggetto di studio dell’autore, a cui va il merito di far emergere, accanto alle memorie, politicamente caratterizzate, delle minoranze attive, come quella ?rossa? delle sinistre e quella ?nera? degli aderenti a Salò, la ?memoria grigia? di parte considerevole della popolazione, limitatasi a subire la guerra del 1943-45, senza giocarvi un ruolo attivo. Impossibilitati a riconoscersi nella narrazione epica della Resistenza costruita da socialisti, comunisti e azionisti, tutta incentrata sul ruolo del partigiano combattente, quanti avevano atteso la fine del conflitto senza prendere posizione, parimenti non potevano che essere distanti dalla ?comunità di fedeli all’idea? rivendicata dalla galassia neofascista, all’interno della quale lo stesso MSI non rinunciò mai a stigmatizzare l’?amorfo e imbelle popolino? in favore dell’?Italia dei forti? che aveva militato nella RSI. Tra questi due poli ? spiega invece Chiarini ? si collocò, respingendoli entrambi, uno schieramento molto più esteso, ben rappresentato da autori come Guglielmo Giannini e Giovanni Guareschi, e da una vasta pubblicistica, fatta di giornali e rotocalchi come «Il Tempo», «Oggi» e «Il Borghese», oscillante tra pulsioni antipolitiche e rivendicazione del diritto al proprio particolare, tra valorizzazione cioè degli ?uomini qualunque? e critica del carattere opportunista degli italiani. Pure nella differenza delle posizioni, quest’area era accomunata dalla convinzione del ruolo strumentale della mitologia resistenziale, considerata una sorta di ?cavallo di Troia? del PCI, la cui valorizzazione della frattura rappresentata dall’antifascismo serviva a garantirsi uno spazio di legittimità dentro le istituzioni dello Stato. Fu perciò la Democrazia cristiana, con il suo richiamo a un antifascismo molto poco ideologico ma accompagnato da valori, quali la fratellanza, la libertà e l’amor di patria, fortemente inclusivi e pacificatori, a rappresentare politicamente la ?memoria grigia? del periodo bellico di molti degli italiani, traghettandoli, loro malgrado verrebbe da dire, dentro il recinto delle istituzioni repubblicane. Ma, ed è la domanda che si staglia sullo sfondo dell’accurata analisi sulla memoria della zona grigia condotta da Chiarini, ci sarebbe stata una Repubblica democratica senza l’azione politica dei partiti antifascisti, e delle sinistre in particolar modo, intenzionate a ricostruire una statualità nazionale su basi nuove e diverse da quelle fasciste, progetto che inevitabilmente passava anche e soprattutto per il contributo militare dato al conflitto contro tedeschi e fascisti?

Tommaso Baris