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Roberto Maiocchi – Scienza e fascismo – 2004

Roberto Maiocchi
Roma, Carocci, pp. 207, euro 16,70

Anno di pubblicazione: 2004

Può, la storia della scienza, essere considerata anche come una parte della storia di una nazione? La risposta può essere affermativa. È impossibile, infatti, fare una storia dell’Italia contemporanea senza tener conto che fra i principali protagonisti del Risorgimento vi siano stati gli scienziati; che la modernizzazione dello Stato unitario e la formazione stessa del mercato nazionale siano passate attraverso un profondo processo di ?scientifizzazione? dei loro apparati. Lo studio delle vicende della scienza durante e dopo il primo conflitto mondiale, inoltre, può far meglio comprendere l’immensa trasformazione subita dal nostro paese, e dai paesi industrializzati in generale, ai primi del Novecento. Ancora dal versante della scienza, si può avere un’idea più autentica del fascismo italiano.
Un utile strumento, a questo riguardo, è il libro di Maiocchi, uno studioso che ha dedicato molta parte della sua notevole attività di ricerca alla ricognizione delle vicende della scienza italiana tra fine Ottocento e metà del Novecento, nei suoi intrecci con l’industria, con la politica, con la cultura del nostro paese. Il volume (che fa seguito a una ricostruzione dettagliata del ruolo dei ricercatori e del CNR nella politica autarchica del fascismo) è composto da una serie di saggi che sono come sonde in grado di rivelare aspetti della realtà italiana in uno dei momenti decisivi della sua storia. Una conclusione che se ne può trarre è che il fascismo ha fatto largo uso delle competenze professionali tecniche e scientifiche. Anche in conseguenza della mobilitazione bellica degli scienziati fra il 1915 e il 1918, esso ha elaborato ? e cercato di applicare ? una ideologia della ?competenza? e del ?merito? che, insieme alla nazionalizzazione delle intelligenze, ha intersecato una reale domanda di cambiamento e di rinnovamento del ceto politico e intellettuale del nostro paese. Ideologia originariamente antipassatista, ?futurista?, giovanilistica, che vedeva nella scienza e nella tecnica ? e nei suoi intellettuali ? un elemento decisivo per la sua affermazione, spesso solo in maniera retorica. Non è un caso che ? ma la cosa andrebbe maggiormente discussa ? ?il dibattito filosofico sulla scienza fu più ampio, vivace e approfondito durante il periodo fascista? (p. 51).
Sicuramente molti scienziati italiani videro nel fascismo e nella parte della sua ideologia che può dirsi tecnocratica, autarchica e corporativa, un utile strumento per fare i conti con la precedente struttura liberale della ricerca e con i suoi maggiori rappresentanti, i quali erano stati appunto i protagonisti del processo risorgimentale e della formazione dello Stato nazionale. Infine, Maiocchi descrive molto bene anche i reali, tragici, esiti della politica scientifica fascista, che si risolsero in una grande dispersione delle risorse intellettuali nazionali più importanti. Fra l’ideologia e la realtà lo scarto rimane sempre enorme.

Antonio Di Meo