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Rosanna Scatamacchia – Azioni e azionisti. Il lungo Ottocento della Banca d’Italia – 2008

Rosanna Scatamacchia
Roma- Bari, Laterza, XXVI-438 pp., euro 35,00

Anno di pubblicazione: 2008

In 438 pagine dense di nomi e di numeri, Rosanna Scatamacchia presenta un quadro articolatissimo della borghesia italiana nell’arco di tempo compreso tra il 1844, anno della fondazione della Banca di Genova, e il 1936, anno della sua definitiva trasformazione, dopo essere stata Banca Nazionale e quindi Banca d’Italia in istituto centrale e di emissione ed ente di diritto pubblico. Quella contenuta in questo libro è una ricerca imponente e meticolosa, condotta in anni di lavoro in cui l’a. ha ricostruito con pazienza certosina e grazie ad un nutrito ventaglio di fonti documentarie e a stampa, nomi, condizioni sociali, professioni, provenienze e anche appartenenze religiose. Il libro si presenta come una mappatura, una biografia collettiva, dell’azionariato della «più ricca azienda a capitale italiano» (p. XII). Questo azionariato si rivela, mano a mano che si prosegue nella lettura del libro, uno specchio fedele della borghesia e del capitalismo nazionali di cui vengono restituiti le diversità e le sfumature regionali: azionisti provenienti dalla banca e dal «negozio» cui si aggiungono progressivamente, via via che l’azionariato si allarga, possidenti, nobili e non, quindi professionisti (il vero nocciolo duro della borghesia italiana) e imprenditori piccoli e medi (a riprova della natura peculiare del capitalismo nazionale) spesso organizzati in filiere familiari (un altro tratto specifico) concentrati per lo più nel triangolo Liguria, Piemonte e Lombardia, ma con significative diramazioni nel resto del paese. E proprio guardando alla geografia dell’azionariato e al suo mutare nel tempo si vede come anche la Banca d’Italia partecipi, e pienamente, del processo di nation-building. Scatamacchia non dimentica di analizzare anche le componenti di minoranza ?rintracciando una piccola ma significativa presenza di protestanti stranieri (elvetici, tedeschi e francesi in particolare) e di ebrei ? e di genere, svelandoci una nascosta, perché esigua, presenza femminile che cresce per poi affievolirsi nuovamente con l’ingresso nel ‘900. Quella che ci viene presentata è un’Italia di investitori, di speculatori, di rentiers; un’élite dinamica, concentrata per lo più nel Nord-Ovest del paese, e che in qualche modo può essere definita l’altra faccia di quelle «borghesie immobili» concentrate sulla rendita immobiliare. Certo alla fine il controllo vero della Banca e delle sue politiche è in mano ad un piccolo gruppo di azionisti i cui legami con il potere politico sono forti. A questi legami e all’élite dirigente dell’Istituto è dedicato il capitolo finale del volume che abbandona l’analisi quantitativa e prosopografica per passare ad una discussione delle scelte e dei conflitti da cui emergono le difficoltà del processo di costruzione nazionale sul piano economico.Scatamacchia ci ha dato con questo libro quella storia sociale della banca che ancora mancava nella storiografia italiana e che può contare invece per altre parti d’Europa (Francia, Gran Bretagna e Germania in particolare) da anni su importanti cultori e lavori. Un libro imprescindibile per chi vorrà ancora cimentarsi con lo studio delle borghesie e delle classi dirigenti italiane nei prossimi anni.

Daniela Luigia Caglioti