Anno di pubblicazione: 2003
Il volume si inserisce in modo equilibrato nella ripresa di interesse e di studi su Giovanni Gentile, focalizzando l’attenzione su un aspetto specifico della storia del fascismo italiano, marginale nell’itinerario di Gentile, ma di crescente interesse storiografico e di notevoli implicazioni politiche ed etiche: cioè l’antisemitismo, il razzismo e la politica antiebraica del fascismo. La sua tesi di fondo, tutto sommato condivisibile, è che le concezioni razziste ed antisemite, soprattutto di stampo biologista, fossero incompatibili con la filosofia e la visione del mondo del neoidealismo italiano sia crociano che gentiliano. Quest’analisi non si limita più a ricordare l’azione di Gentile in difesa di singoli studiosi ebrei, ma studia nell’insieme le posizioni e specificamente le prese di posizione pubbliche e private del filosofo siciliano sulla questione ebraica a partire dalla metà degli anni Trenta; le confronta in particolare con quelle di Benedetto Croce; esamina più in generale gli orientamenti su questi temi degli allievi e colleghi di Gentile, soprattutto quelli coinvolti nel progetto della Enciclopedia Italiana e nel «Giornale critico della filosofia italiana». I singoli studiosi qui considerati, se non presero apertamente posizione contro la persecuzione antiebraica in Germania prima e in Italia poi, espressero in alcuni loro scritti per lo più marginali (soprattutto recensioni), disaccordo e distacco dal razzismo e dall’antisemitismo. Gentile, invece, a differenza di Croce, non si espresse mai pubblicamente né contro l’antisemitismo nazista né contro quello fascista. Se probabilmente non condivideva sul piano ideologico, filosofico ed etico queste concezioni, generalmente, anche in scritti privati, mostrò di adeguarvisi in modo conformistico, diversamente da quanto aveva fatto su altre questioni inerenti la politica e l’ideologia del fascismo quando non le condivideva, e nonostante potesse contare tra l’altro sulla propria autorevolezza ed autorità nel regime, a parte alcuni periodi di relativa emarginazione. Ciò non toglie che il filosofo poté intervenire poi a favore di alcuni studiosi ebrei perseguitati. Lo studio, ben documentato ed informato sia sul versante degli studi sul neoidealismo italiano che, per lo più, su quelli sull’antisemitismo fascista, è indebolito dall’intento di dimostrare comunque l’estraneità di Gentile all’antisemitismo e pecca a nostro avviso, talora, di sovrainterpretazione o di interpretazione forzata delle prese di posizione e in particolare dei silenzi sulla questione ebraica da parte del filosofo e dei suoi collaboratori. Sembra limitare inoltre, nel suo giudizio storico complessivo, la critica politica ed etica delle posizioni di Gentile di fronte al fascismo solo all’antisemitismo e agli sviluppi della politica fascista dalla metà degli anni Trenta, senza tener conto di, o sottovalutando ? secondo una tendenza ben rappresentata anche da autorevoli studiosi del filosofo ? la piena adesione e il sostegno da parte di Gentile, dagli anni Venti e fino al tragico biennio della RSI, alla politica autoritaria, antidemocratica e anche violenta del fascismo.