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Rossella Del Prete – Piccole tessitrici operose. Gli orfanotrofi femminili a Benevento nei secoli XVII-XIX – 2010

Rossella Del Prete
Milano, FrancoAngeli, 340 pp., Euro 36,00

Anno di pubblicazione: 2010

Il filo conduttore del volume è dato dalla storia di due orfanotrofi femminili beneventani, che nel 1928, dopo una complessa vicenda amministrativa, confluirono in un unico istituto. Il più antico, il Conservatorio della Santissima Annunziata, dipendeva dal governo cittadino, ma, fino all’unità d’Italia, con l’eccezione del decennio «francese», fu sottoposto alla supervisione del pontefice, poiché collocato in un territorio – Benevento – che costituiva un’enclave della Santa Sede nel regno di Napoli. Il secondo orfanotrofio, intitolato a san Filippo Neri, fu inaugurato nel 1831 per iniziativa ecclesiastica.Dei due enti vengono descritti l’organizzazione interna e le norme disciplinari, nonché alcuni momenti salienti della storia istituzionale, come il contenzioso che – a causa della presenza di una chiesa annessa – accompagnò la trasformazione dell’Annunziata in ente morale all’indomani dell’unificazione o come l’apertura, all’interno dell’orfanotrofio, di una scuola pubblica femminile, nel 1874. La preminenza è però assegnata all’indagine di quello che l’a. definisce il business dell’assistenza (p. 196, nota 115): dalla metà del XVIII secolo vengono passati in rassegna, oltre alle dotazioni patrimoniali, gli esiti – che vedevano sempre al primo posto gli esborsi per gli alimenti – e le entrate, rappresentate soprattutto dalle rendite fondiarie, dai frutti delle attività creditizie, dalle elemosine, dalle acquisizioni ereditarie. Ulteriori approfondimenti sono costituiti dall’analisi del vitto – tutt’altro che povero e monotono – delle ricoverate e dalla storia della «fabbrica della tela», avviata all’Annunziata nel 1788 e presente anche al San Filippo Neri.Il peso economico costituito dai due enti nel contesto beneventano resta alla fine – necessariamente – imprecisato, ma emergono molteplici indicazioni sulle strategie locali di gestione dei patrimoni e sui modi di scambio: apprendiamo, ad esempio, che a metà ‘800, una parte delle transazioni, ivi compresi gli onorari ai medici interni, avveniva abitualmente in grano.Un’esplorazione così variegata, come quella proposta dal testo, non pare, tuttavia, potersi esaurire nell’intento di «capire se quanto accadde in quei secoli ebbe un’influenza sulla costruzione di un piano, nel lungo periodo, di qualificazione sociale e professionale delle risorse umane […] e della forza lavoro […] femminile» (p. 19). Se, infatti, la formazione professionale delle ricoverate sembra escludere, almeno fino al XIX secolo, la prospettiva di una spendibilità esterna, perché era finalizzata essenzialmente a produrre manufatti destinati all’autoconsumo o, grazie alla vendita, a incrementare le doti delle assistite, anche questa scelta non sembra estranea alla logica gestionale, tipica degli enti assistenziali, ispirata al modello paternalistico-famigliare. Forse proprio i molteplici nessi che legarono le scelte educative alle strategie economiche generali, adottate nei secoli dai «padri istituzionali» delle orfane beneventane, costituiscono, dunque, un nodo ancora parzialmente irrisolto.

Flores Reggiani