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Rudolf Lill – Il potere dei papi. Dall’età moderna a oggi – 2008

Rudolf Lill
prefazione di Alberto Melloni, Roma-Bari, Laterza, X-222 pp., euro 16,00

Anno di pubblicazione: 2008

Concepito come reazione all’«euforia per il papa» che secondo l’a. si sarebbe diffusa, «specialmente in Germania», tra la morte di Giovanni Paolo II e l’elezione del papa tedesco Benedetto XVI, il volume intende ripercorrere con marcati accenti critici il lungo processo di accentramento e di potenziamento dei poteri papali in campo dottrinale, disciplinare e giurisdizionale nei confronti della Chiesa universale e delle sue articolazioni territoriali e istituzionali. Tale processo, iniziato alle soglie del secondo millennio con la riforma gregoriana ma culminato nei secoli XIX e XX (la cui trattazione occupa circa i tre quarti dell’opera), avrebbe conosciuto una sola, parziale inversione di tendenza con la parentesi del Concilio Vaticano II, per riprendere con rinnovato vigore in seguito all’avvento del papa polacco e all’accantonamento delle istanze conciliari volte a imprimere nuove regole e indirizzi al governo della Chiesa cattolica, ai suoi assetti interni, ai suoi rapporti con le altre confessioni cristiane, con le religioni non cristiane e con il «mondo». La domanda latente, e talora affiorante, che sta come sottesa all’intera opera, non riguarda tanto il complesso delle ragioni storiche che avrebbero sostenuto, e continuerebbero a sostenere, siffatta linea accentratrice e «autocratica» del Papato, quanto piuttosto gli effetti da questa prodotti sull’espletamento dell’autentica e, per così dire, originaria missione della Chiesa: il che implica, per forza di cose, l’assunzione di criteri di giudizio del tutto legittimi, ma connotati da un considerevole grado di soggettività. Questi attengono, peraltro, a due ordini di questioni che l’a. tende a tenere distinte, ricavandone l’immagine di una strutturale «ambivalenza» degli orientamenti pontifici: da un lato, il rapporto tra le vicende riguardanti le dinamiche istituzionali e dottrinali della Chiesa e il compito di evangelizzazione che dovrebbe esserle proprio, dall’altra il rapporto tra quelle stesse vicende e la capacità del Papato di esercitare un ruolo significativo (e crescente in età contemporanea) come soggetto internazionale operante su scala planetaria. La lettura in chiave negativa del primo rapporto non si estende al secondo, per il quale risultano anzi predominanti le valutazioni positive, o quanto meno giustificative: con la sola eccezione dei vigorosi accenti critici riservati dall’autore all’Ostpolitik vaticana dei pontificati «conciliari» di Giovanni XXII e Paolo VI.Destano poi sconcerto, tenuto conto delle specifiche competenze dello storico tedesco, talune asserzioni concernenti in modo particolare i rapporti tra la Santa Sede e lo Stato italiano o aspetti non secondari della recente storia d’Italia. A tacer d’altro, erronea e generatrice di confusione è l’identificazione della politica di centro-sinistra con il «compromesso storico» (p. 187); e, più in generale, la sequenza causale istituita tra la politica di centro-sinistra, l’«ulteriore rafforzamento dei comunisti», e una non meglio precisata «radicalizzazione politica» del 1977-78, di cui sarebbe stata vittima illustre Aldo Moro.

Francesco Traniello