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Rupert Pichler – L’economia lombarda e l’Austria. Politica commerciale e sviluppo industriale 1815-1859 – 2001

Rupert Pichler
Milano, Franco Angeli, pp. 291, euro 19,63

Anno di pubblicazione: 2001

La prima metà del secolo XIX è un momento importante nell’evoluzione dell’economia italiana. Per molti anni ha sofferto di un ingiusto oblio, da cui sta uscendo in questi anni. Questo volume contribuisce ricostruendo la politica economica austriaca nei suoi rapporti con la Lombardia. Si occupa prevalentemente della politica doganale, con corposi excursus su ferrovie e banche, utilizzando documentazione ufficiale dagli archivi di Vienna e Milano.
L’autore descrive la politica austriaca nei tre capitoli centrali del libro, dopo un capitolo introduttivo sulla situazione politica ed economica. Individua tre fasi, il periodo della Restaurazione, gli anni trenta e quaranta, caratterizzati da una parziale liberalizzazione, ed il ?neo-assolutismo? degli anni cinquanta. La prima è caratterizzata da una politica doganale semi-proibitiva, le altre due da una parziale liberalizzazione, che nella terza fase comprende anche qualche timido tentativo di accordi con gli altri Stati italiani. Nell’ultimo capitolo, l’autore confronta la Lombardia con le altre regioni dell’Austria sulla base di indicatori come il Prodotto Interno Lordo ed il commercio pro-capite. La performance lombarda risulta decisamente buona, sia in termini di livelli che di tassi di crescita, soprattutto negli anni cinquanta.
Pichler si interessa più al processo decisionale che ai suoi esiti e quindi all’impatto della politica economica sull’economia. Risulta, per esempio, molto difficile farsi un’idea dei livelli di protezione e dei loro cambiamenti nel tempo (anche per la mancanza di una tavola sinottica dei principali provvedimenti). Inoltre, l’autore ama far parlare le proprie fonti, e la sua interpretazione è affidata a brevi commenti. Due punti appaiono però importanti. In primo luogo, il processo decisionale era notevolmente confuso. La divisione del lavoro fra governo centrale e organi periferici era poco chiara, specie prima del 1848, e le decisioni erano spesso ad hoc o ispirate da considerazioni extra-economiche. In secondo luogo, gli austriaci non volevano sacrificare l’industria lombarda agli interessi di quella austriaca. Si può piuttosto parlare di indifferenza, con occasionali periodi di attivismo. Non è chiaro quanto la politica austriaca abbia contribuito ai buoni risultati dell’economia lombarda, ma comunque non l’ha danneggiata.
Il volume affronta un tema rilevante e porta elementi conoscitivi importanti per una futura storia dell’economia italiana nell’età della Restaurazione. Purtroppo il suo appeal al di fuori della ristretta cerchia degli specialisti sembra ridotto. L’autore appare, per così dire, sopraffatto dalle fonti e sembra scegliere gli argomenti da trattare più in base alla documentazione disponibile (per esempio petizioni di industriali e relativo dossier) più che alla loro rilevanza. L’autore avrebbe però potuto tentare qualche riflessione autonoma sulla plausibilità delle singole affermazioni. La teoria economica e la politologia offrono molti spunti per un lavoro del genere, che avrebbe indubbiamente arricchito il libro.

Giovanni Federico