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Sabrina Fava – Emilia Formiggini Santamaria. Dagli studi storico-pedagogici alla letteratura per l’infanzia – 2002

Sabrina Fava
Brescia, La Scuola, pp. 310, euro 30,00

Anno di pubblicazione: 2002

E’ un’accurata biografia intellettuale, il cui primo merito è quello di valorizzare fin dal titolo le categorie di multidisciplinarità e contaminazione, essenziali per un’analisi rigorosa delle scritture femminili. In sei capitoli densi e riccamente documentati, l’autrice ? dottore di ricerca in Pedagogia e studiosa di letteratura infantile ? restituisce con efficace unitarietà la complessa personalità di Emilia Formiggini Santamaria, e il suo rapporto fecondo e originale con discipline diverse: la pedagogia e la storia della scuola, la letteratura per l’infanzia, la didattica, la psicologia. In questo itinerario intellettuale apparentemente poco coeso, in questa produzione tanto varia per la quale non si esiterebbe a tutta prima a parlare di mera poligrafia, Fava ritrova ed enuclea, attraverso l’analisi integrale degli scritti della Santamaria, alcune direttrici costanti: il temperamento laico e democratico; la fedeltà al progetto risorgimentale di una ?educazione nazionale?; la concezione della storia preunitaria e della pedagogia (prima quella positivista sulla scia del maestro Credaro, poi quella dello spiritualismo risorgimentale) come strumenti privilegiati di interpretazione della società e dell’attualità. Nell’ambito di queste coordinate, si sviluppa una difficile vicenda esistenziale e intellettuale: gli studi universitari vissuti come occasione di riscatto sociale, l’impegno profuso nell’insegnamento scolastico e universitario (fu una delle prime italiane ad ottenere una libera docenza), l’importanza grande attribuita al mondo delle riviste e dell’editoria (partecipò alla vita della casa editrice di famiglia anche come amministratrice), la transizione tra il giovanile positivismo e la matura adesione alla pedagogia di Tommaseo e Rosmini, la fiera distinzione ? anzi l’isolamento ? rispetto tanto al neoidealismo crociano quanto alla cultura e alla pedagogia fascista. Accanto al percorso biografico, Fava illustra con precisione quello della studiosa e della scrittrice, che dopo la Grande Guerra e negli anni dell’affermazione del regime formulò in modo più problematico, ma in termini estremamente propositivi, il problema dell’educazione nazionale. Dalla storia delle istituzioni scolastiche la sua attenzione si spostò alle letture per i fanciulli e gli adolescenti (categoria allora quasi ignota alla pedagogia italiana): dal contesto istituzionale e sociale al protagonista dell’educazione. Così, l’eredità ottocentesca e il civismo patriottico, che avevano contrassegnato tutta la sua esistenza, si tradussero in modelli stilistici e contenutistici: da qui la preferenza per libri come Cuore e Piccole donne, che nel bambino coltivavano insieme l’individuo e il cittadino; da qui anche l’ostilità manifesta verso autori legati al regime. Una personalità, dunque, particolarmente interessante anche nell’ambito della critica letteraria, la cui originalità risalta con maggior evidenza grazie anche alla dettagliata ricostruzione del panorama letterario, pedagogico ed editoriale contemporaneo.

Maria Pia Casalena