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Salire a Barbiana. Don Milani dal Sessan- totto a oggi

Raimondo Michetti, Renato Moro (a cura di)
Roma, Viella, 2017, 292 pp., € 28,00

Anno di pubblicazione: 2018

Tra le figure del cattolicesimo italiano della seconda metà del XX secolo Lorenzo Mi- lani si staglia per la rilevanza culturale e per la coerenza di vita e d’insegnamento: motivo per cui egli è stato al centro di un dibattito storiografico che giunge sino a noi. Questo volume, curato da Raimondo Michetti e Renato Moro, e a cui hanno contribuito Giovan- ni Turbanti, Tommaso Cailò, Luca Marcelli, Pietro Mocciaro, Federico Ruozzi e Matteo Mennini, si inserisce in questa tradizione di studi, contribuendo in modo significativo a indagare la fortuna del magistero e degli scritti di Milani e a svelare i motivi della sua popolarità di lunga durata in settori circoscritti, ma significativi, della società italiana.
Milani fu in grado di affascinare ambienti diversi, grazie a una personalità comples- sa e, soprattutto, a una dimensione ideologica difficilmente incasellabile nelle categorie interpretative del proprio tempo. Pensatore lucidamente antimoderno, legato alla tra- dizione cattolico-reazionaria toscana, e per alcuni versi simile a Pasolini, politicamente egli fu tutt’altro che reazionario, richiamando la Costituzione tra le proprie principali fonti d’ispirazione, accanto al Vangelo. Capace di contrastare i meccanismi di una scuola profondamente classista e di suggerire un modello educativo alternativo, realizzato per i figli dei contadini, in cui elementi tradizionali e istanze antiautoritarie si mischiavano, egli divenne un’icona della contestazione giovanile grazie alla Lettera a una professoressa: uno dei manifesti del Sessantotto italiano. Distante dai modelli di santità proposti nel mondo cattolico del suo tempo, giudicati inutilmente rassicuranti, anche dopo la morte Milani non fu mai agevolmente inquadrabile in nessun modello agiografico costituito, tradizionale o di rottura che fosse, mentre del suo magistero e della scuola di Barbiana si impadronirono leggende contrapposte e speculari.
A causa delle sue complesse e plurali matrici ideologiche, Milani è stato al centro di molteplici attenzioni da parte del mondo politico italiano, conoscendo una particolare fortuna tra anni ’90 e primi anni 2000 quando, di fronte al disfacimento delle tradizionali appartenenze politiche, la sua figura venne individuata come possibile elemento carat- terizzante di diverse opzioni, declinata vuoi in senso progressista, vuoi, più raramente, apertamente reazionario. Alla stessa epoca si deve anche la riscoperta di Milani da parte dei mezzi di comunicazione di massa, che ne hanno fatto il protagonista di documentari e fiction.
Al di là dei tentativi di sfruttamento politico e di attualizzazione, il «culto» laico di Milani, più ancora che negli ambienti cattolici postconciliari e tra le fila del «progres- sismo» cattolico, appare vivo nell’ambito, spesso trascurato dalla storiografia, dell’asso- ciazionismo pacifista e non violento. E, come mostra con chiarezza il volume, paiono proprio tali ambienti quelli che più tenacemente hanno coltivato una propria memoria di Milani, collocandolo in un ideale pantheon al fianco di altri «santi» civili, capace di restituire le diverse sfumature della sua complessità.

Paolo Zanini