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Salvatore Cingari – Benedetto Croce e la crisi della civiltà europea – 2003

Salvatore Cingari
Prefazione di P. Bonetti, Soveria Mannelli (Cz), Rubbettino, 2 voll., euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2003

Dopo la pubblicazione di due volumi dedicati alla giovinezza di Croce (Il giovane Croce, 2000 e Alle origini del pensiero ?civile? di Benedetto Croce, 2002), Cingari affronta, nei saggi raccolti e rielaborati in questo libro, alcuni aspetti della maturità del filosofo, collocandoli nel travaglio di un’epoca di crisi e di profonde trasformazioni. Secondo l’autore, infatti, le complesse questioni della ?filosofia dello spirito? sono in rapporto con ?il tramonto della società borghese e il trapasso a quella di massa?, e molte posizioni, come quella sulla natura delle scienze sociali, studiata nel primo capitolo, riflettono il ?passaggio da un paradigma positivistico a uno realistico? (p. 3). Anche se, per Cingari, il realismo di Croce, che si costituisce dapprima con la mediazione di Herbart e dello storicismo tedesco, poi attraverso la scoperta della categoria dell’?utile? e la conseguente dottrina degli ?pseudoconcetti?, sarebbe viziato dalla concezione idealistica, in parte dovuta all’influenza di Giovanni Gentile (p. 59).
Felici appaiono le parti del libro dedicate al giudizio di Croce su singoli autori: così, Cingari evidenzia, nel secondo capitolo, la trasformazione del giudizio su Schopenhauer, che rappresenta uno degli autori più importanti per la genesi del pensiero crociano, ma che, a partire dal saggio del 1902 su De Sanctis e Schopenhauer, diventa oggetto di una critica persistente; o, ancora, dedica pagine limpide al contrastato rapporto con Nietzsche, che anch’esso muta e si fa più severo dopo la scelta antifascista del 1925.
In generale, non è sempre facile cogliere in profondità queste trasformazioni, perché si iscrivono in un quadro categoriale che, conseguito tra il 1902 e il 1909, cioè tra l’Estetica e la Filosofia della pratica, rimane sostanzialmente stabile negli anni successivi. Come l’autore mostra con riferimento all’utile e al bene morale, ossia alle due forme della volizione pratica, ciò che cambia è l’equilibrio interno al sistema, nel senso che l’accento si sposta sempre più in direzione del momento etico, infine identificato con lo stesso principio della libertà. La critica dell’irrazionalismo, a cui è dedicato l’ultimo capitolo, che fin dalla conferenza oxfordiana del 1930 si risolve nella polemica contro l’?antistoricismo?, rivela chiaramente la connessione tra questo percorso filosofico e l’affermazione del potere totalitario in molte parti dell’Europa.
L’autore propone osservazioni interessanti sul netto modificarsi del giudizio sulla Germania, che culminerà nelle famose pagine della Storia d’Europa. Molto equilibrate appaiono le riflessioni sulla vexata quaestio del fascismo come ?parentesi? della storia italiana: che Cingari giudica, giustamente, come una ?formula militante?, priva di ?sorveglianza teorica? (pp. 303 e 357), e perciò inadeguata a rappresentare la ben maggiore complessità dell’interpretazione crociana; ma di cui pure sottolinea il carattere non del tutto estrinseco, che conserva qualche motivo ?almeno a livello dei desideri del filosofo? (p. 304). Posizioni, queste, che rinviano alla concezione della modernità (pp. 383 ss.), che per Croce restava un valore fondamentale, anche se esposto al rischio di degenerazioni e distorsioni.

Marcello Mustè