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Salvatore Minolfi – Tra due crolli. Gli Stati Uniti e l’ordine mondiale dopo la guerra fredda – 2005

Salvatore Minolfi
Napoli, Liguori, pp. 375, euro 24,00

Anno di pubblicazione: 2005

Nel 1989 il muro di Berlino è caduto rovinosamente non solo sul blocco sovietico ma anche su certezze strategiche e scuole di pensiero consolidate dalla lunga durata della guerra fredda e dal suo carattere di sistema d’ordine. Partendo da queste macerie, l’autore nelle prime cento pagine ripercorre l’evoluzione delle interpretazioni del conflitto, sottolineando la trasformazione intellettuale della guerra in quella ?lunga pace? che John Gaddis celebrava, proprio alla vigilia del crac sistemico. Si apriva uno scenario che rimetteva in discussione il cold war consensus nazionale e internazionale, l’unità e il significato dell’Occidente, l’ordine mondiale. Da qui, andando questa volta in avanti, prende le mosse la seconda parte, che è la più importante e occupa circa due terzi del libro, con una rassegna del dibattito americano che negli anni Novanta si è sforzato di individuare il nuovo panorama strategico globale che si prospettava dopo l’implosione dell’Unione Sovietica. Nella guerra di paradigmi che ne è scaturita anche le rinnovate interpretazioni delle scuole realiste (Kissinger), liberal (Fukuyama), antiutopiche (Huntington) sembrano naufragare in una crisi di disarticolazione dell’Occidente, mentre per alcuni studiosi l’affermarsi dell’Asia orientale come centro dinamico del capitalismo mondiale si presentava più rilevante della sconfitta dell’URSS. Secondo l’autore, all’inizio del nuovo millennio, la transizione verso un nuovo ordine sistemico riconoscibile e rassicurante appare bloccata dal monopolio militare degli Stati Uniti, dall’egemonia senza consenso, dalla globalità e dalle sue nuove problematiche, che vanno al di là della possibilità di controllo di qualsiasi grande potenza.
Il secondo crollo, quello delle torri gemelle di Manhattan, non viene giudicato determinante come il primo, ma serve a periodizzare il dibattito e a evitare elegantemente il conseguente tormentone imperiale e neocon, già ampiamente dato alle stampe. Anche all’interno di questo limite temporale di poco più di dieci anni, il materiale processato e condensato, con un certo accanimento tassonomico, è vastissimo e può costituire un utile repertorio di stimoli e citazioni per il lettore interessato, purché disposto a percorsi misti, con l’attraversamento di campi concettuali non sempre contigui e passaggi di linguaggio iniziatico. Determinante è la scelta inclusiva dell’autore che ha voluto dar voce a un folto e variegato coro di attori presi dal mondo politico, dall’universo accademico, dai think-tank, dal giornalismo specializzato e così via, nella convinzione che tutti in qualche modo contribuiscano alla formazione dei meccanismi di decisione della grande strategia. Questo assemblaggio di analisi e di registri diversi gli permette di esibire un’ammirevole capacità di lettura e di dominio erudito del materiale, ma conduce anche a un’organizzazione del testo che a volte sembra avere i tratti più dello zibaldone che del saggio.

Paolo Bertella Farnetti