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Sante Cruciani – L’Europa delle sinistre. La nascita del Mercato comune europeo attraverso i casi francese e italiano (1955-1957) – 2007

Sante Cruciani
Roma, Carocci, 234 pp., Euro 19,50

Anno di pubblicazione: 2007

Le «sinistre» di cui parla l’a. sono i partiti e i movimenti sindacali comunisti e socialisti di Francia e Italia, dei quali viene esaminato l’atteggiamento verso il processo di integrazione europea negli anni decisivi compresi tra la Conferenza di Messina (1955), che rilancia il progetto sovranazionale, e la firma dei trattati di Roma, istitutivi del MEC e di Euratom (1957). Contrariamente a quanto può lasciar supporre il titolo, quindi, il volume non prende in considerazione la sinistra laica e democratica, e questo deve forse essere sottolineato, giacché – sebbene meno rappresentativa in termini di forza politico-elettorale rispetto alla componente socialcomunista – questa ebbe un ruolo affatto secondario nella definizione dell’orientamento europeista dei governi nazionali. Ciò detto, la ricerca di Cruciani – che ha utilizzato un’ampia documentazione archivistica e bibliografica – costituisce un contributo utile alla comprensione delle scelte di un segmento rilevante del mondo politico europeo nei confronti di quello che Giuseppe Vacca ha definito, con enfasi, «il fatto più rilevante della nostra storia contemporanea». Dal volume emerge inevitabilmente la diversa valutazione del processo integrativo da parte dei socialisti da un lato e dei comunisti dall’altro; mentre i primi, con tempi diversi, aderirono al progetto europeista (sin dall’inizio la SFIO, alla fine degli anni ’50 il PSI), i secondi mostrarono ben maggiori resistenze. Al contempo Cruciani distingue tra l’assoluta intransigenza del PCF e i primi segnali d’attenzione, pur timidi e contraddittori, mostrati dai comunisti italiani proprio in quel periodo: si spiega così la valorizzazione del confronto instauratosi tra PCI e CGIL, allorquando quest’ultima aprì al disegno di integrazione continentale. Tra gli aspetti più apprezzabili del libro vi è il tentativo di mettere in relazione il piano politico-economico nazionale ed europeo, in particolare attraverso la verifica della reazione socialista e comunista a un processo volto anche a collegare lo sviluppo economico nazionale con quello sovranazionale. Va peraltro osservato come non sempre il legame tra i due piani, interno ed europeo, viene analizzato efficacemente. La ripetuta sottolineatura della insufficiente attenzione complessivamente prestata dai partiti e dai sindacati socialcomunisti all’integrazione europea coglie un dato di fatto, sul quale è però difficile basare una valutazione storica. È infatti necessario considerare sia la difficoltà per i contemporanei di percepire l’effettiva importanza delle Comunità europee (e il loro posto tra gli avvenimenti dell’epoca), sia la realtà socio-politica ed economica di quegli anni. Norberto Bobbio, a chi – nel 1957 – lo invitava a considerare prioritario l’obiettivo dell’unificazione europea, rispondeva di considerare più urgente, ad esempio, la lotta contro «l’abuso di potere da parte dei grandi gruppi capitalistici». È difficile non pensare che questa fosse anche l’opinione di partiti e sindacati che rappresentavano le rivendicazioni e gli interessi di una parte consistente delle masse lavoratrici.

Daniele Pasquinucci