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Sergio Anselmi – Perfido Ottocento. Sedici piccole cronache – 2002

Sergio Anselmi
Bologna, il Mulino, pp. 135, euro 10,00

Anno di pubblicazione: 2002

Da qualche anno a questa parte Sergio Anselmi affianca alle ricerche di storia economica saggi di prosopografia dedicati a ?persone comuni?, tutte oscure, se pur non tutte di umili origini. Teatri di queste storie di vita sono paesi e città delle Marche, dell’Italia centrale, dell’Adriatico. Il periodo preso in considerazione è questa volta l’Ottocento.
Nessuna delle storie è a lieto fine. I protagonisti sono tutti dei vinti, sebbene molti di loro si trovino sconfitti senza aver ingaggiato una vera e propria battaglia. È il caso per esempio di Eupilina, maga campestre sul monte della Mentuccia, che l’ostilità popolare confina nel frenocomio di Belmonte o di Sebastiano Martellini, venditore ambulante di tacchini che, al pari di Pinocchio, finisce in prigione per un furto di cui è la vittima. Atterrate dal pregiudizio, dall’invidia, dal sopruso, queste vite confermano, per quanto riguarda le donne, una condizione di pesante e quasi inesorabile subordinazione.
Se le vicende di Eupilina, di Sebastiano, della serva Almina e della prostituta Zita appartengono ai tempi lunghi della storia, per non dire alla storia senza tempo della malvagità umana (è lo stesso autore a suggerire questa interpretazione allorché scrive che ?purtroppo gli uomini non sono come umanità e buona creanza vorrebbero?, p. 7) le altre biografie si incardinano più propriamente nella storia dell’Ottocento e dei mutamenti che il secolo portò con sé. Si distinguono due gruppi. Il primo comprende tra gli altri Zanni e Teodoro Pegola, barcaioli e pescatori di Comacchio, che durante i moti del 1832 sono catturati dai sanfedisti ad Ancona e processati e fucilati sotto l’accusa, probabilmente infondata, di aver cospirato con i francesi. Essi restano vittime di una rivoluzione che non hanno voluto né, forse, capito. Sulla scorta di questi e di altri casi, Anselmi tende a opporre forse troppo drasticamente le idealità dei rivoluzionari dell’Ottocento agli interessi della povera gente.
Del secondo gruppo fanno parte il ciabattino Alvaro Barabicchi di Scorzano, il conte Giangualberto Bartoletti di Macerata e l’altro conte Alfonso di Miralbello di Montereale, i quali al Risorgimento parteciparono invece in modo attivo e consapevole, anche se il loro arruolamento nell’esercito di Garibaldi appare essere stato frutto più del caso che della necessità storica. Senza nulla togliere all’importanza del caso nella storia e pur ammettendo che l’adesione ai corpi franchi, così come alle formazioni regolari, avvenne nei modi e per i motivi i meno prevedibili, sarà da ricordare che almeno in certe zone dell’Italia il volontariato fu nel Risorgimento un fenomeno collettivo, strettamente connesso alle trasformazioni economiche e sociali in corso e tale da segnare nella storia politica di molte comunità un punto di svolta e il fondamento di nuove tradizioni e di una nuova identità.
Nel ricostruire il contesto delle vite che racconta Anselmi fornisce sobrie ma preziose informazioni su svariati aspetti della vita economica e sociale dell’Italia dell’Ottocento, dal commercio al contrabbando, dalla vita marinara a quella militare. Accanto a questo il libro ha altri pregi, tra i quali si segnala la qualità della scrittura narrativa, a cui giova tra l’altro la dimestichezza dell’autore con linguaggi tecnici e gergali.

Maurizio Bertolotti