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Shrapnel e Schwarzlose. La Grande Guerra in una provincia calabrese

Giovanni Sole
Soveria Mannelli, Rubbettino, 260 pp., € 16,00

Anno di pubblicazione: 2015

Non sono molti i lavori storiografici sulla prima guerra mondiale che analizzano la
realtà calabrese. Inoltre, per gran parte del ’900, queste poche ricerche raramente hanno
preso in esame la Grande guerra in riferimento ai suoi aspetti culturali e sociali.
Eppure la Calabria, pur non essendo un territorio direttamente coinvolto nel teatro
bellico, offrì in quegli anni un contributo rilevante in termini di combattenti, testimoniando
un coinvolgimento di massa nel conflitto. Una lacuna che ora viene in parte
superata grazie a questo volume, che ci offre un racconto completo degli anni della prima
guerra mondiale relativamente alla provincia di Cosenza. L’a. porta avanti il suo racconto
intrecciando opportunamente fonti archivistiche e giornalistiche che gli permettono di
ricostruire i modi della partenza in guerra, la vita dei soldati in trincea, la questione dei
prigionieri, dei profughi, degli internati, le manifestazioni per la pace delle donne e il
culto dei caduti.
L’a. riesce a cogliere pienamente i riflessi socio-culturali che il conflitto stava producendo
anche in un contesto periferico come quello cosentino. Un piccolo mondo, rispetto
alla vastità di un conflitto mondiale, che l’a. riesce a mantenere strettamente legato al
resto della storia nazionale di quegli anni. La valorizzazione degli aspetti sociali e culturali
fa emergere una storia viva, di gente comune all’interno di un evento fuori dal comune
come furono gli anni tra il 1914 e il 1918. La corposa selezione di lettere dal fronte che
l’a. è riuscito a fare dimostra come il conflitto fosse vissuto in maniera diversa dai singoli
protagonisti. La guerra, pur essendo un’esperienza che tendeva a omologare gli stili di
vita, le posizioni dell’opinione pubblica e la percezione che i soldati avevano del conflitto,
venne vissuta in maniera diversa, comparabile, ma mai completamente sovrapponibile.
Però i «soldati erano consapevoli di vivere un’esperienza che li avrebbe segnati per sempre,
si sentivano protagonisti di un grande evento che stava cambiando il mondo» (p. 51).
L’a. ricostruisce anche tasselli della vita militare di solito poco frequenti nell’epistolografia
di guerra, come la manifestazione del piacere di uccidere, quasi sempre omessa, a
favore dell’esaltazione della morte subita: un soldato, a tal proposito, scriveva, ad esempio,
di attendere con ansia di «sbudellare qualche migliaio di austriaci» (p. 49). La vita dei prigionieri
di guerra viene raccontata da Sole in tutta la sua drammaticità grazie alle lettere
che questi inviavano a famigliari e amici. Un prigioniero di Cosenza scriveva disperato a
un suo amico di mandargli da mangiare anche a costo di vendere la «sua casa» (p. 128).
Con completezza di analisi e di utilizzo delle fonti, l’a. ci consegna un tassello del
grande mosaico della prima guerra mondiale individuando i riflessi più prossimi di un’altra
«terribile guerra [che] si affacciava all’orizzonte» (p. 260).

 Giuseppe Ferraro