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Silvia Bianciardi – Alessandro Schiavi. La casa e la città – 2005

Silvia Bianciardi
Manduria-Bari-Roma, Lacaita, pp. 331, euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2005

Il volume approfondisce l’attività di Schiavi riguardo alle abitazioni e all’urbanistica nel quadro del suo impegno nel riformismo socialista, ed è parte della collana della Fondazione ?Filippo Turati? che dal 2003 pubblica la documentazione del Fondo Alessandro Schiavi presso l’Archivio di Stato e la Biblioteca comunale di Forlì.
Nei due primi capitoli, La casa: un bene accessibile a tutti e La città-giardino, si esamina l’opera che Schiavi, tra la fine dell’800 e il primo dopoguerra, svolse a Milano ? sempre a stretto contatto con il riformismo europeo, specie quello francese, inglese e tedesco ? prima nell’Ufficio del lavoro della Società umanitaria, poi come direttore dell’Istituto case popolari (ICP) e quindi nelle giunte comunali socialiste di Emilio Caldara e Angelo Filippetti, in parallelo con l’evoluzione della legislazione urbanistica nazionale, con il passaggio della casa da questione igienica a politica, seguendo l’intreccio ?tra socialismo, governo locale e urbanistica? delineato da Degl’Innocenti (p. 9). Nel terzo e quarto capitolo, Il minimo di abitabilità e Le città-satelliti e la pianificazione regionale, viene studiata l’opera di Schiavi nel periodo fascista durante il quale, costretto ad abbandonare l’attività politica, dal ritiro forlivese, questi continuava a seguire, da spettatore, l’evoluzione dell’urbanistica italiana e internazionale approfondendo gli aspetti teorici della pianificazione regionale. Gli ultimi due capitoli, Per l’edilizia popolare e L’uomo, modulo e paradigma, relativi al secondo dopoguerra fino agli ’50, illustrano la ripresa del protagonismo di Schiavi nell’urbanistica prima come presidente dell’ICP di Forlì e quindi, dal 1950 al 1953, come presidente dell’Associazione nazionale degli Istituti autonomi per le case popolari e dopo, dimessosi a seguito dell’elezione a senatore per il Partito socialista democratico, come presidente onorario. Nei difficili anni della ricostruzione Schiavi riattivava l’intreccio, che gli era peculiare, tra l’impegno nel dibattito sull’urbanistica, nazionale e internazionale, e quello nella politica attraverso cui cercava concrete soluzioni ai problemi affrontati teoricamente.
Il volume è chiuso da una corposa appendice di scritti di Schiavi in tema urbanistico pubblicati tra il 1903 e il 1962, in corpo minore e senza indice, che occupa un terzo delle pagine totali.
Il libro soddisfa l’obiettivo primario dell’opera analizzando l’aspetto tecnico dell’impegno di Schiavi nell’urbanistica, ma mentre fino al primo dopoguerra questo è inserito nello sviluppo del riformismo, il periodo repubblicano è carente dei riferimenti all’evoluzione del dibattito politico interno al movimento socialista, nazionale e internazionale. Un’evoluzione che sarebbe stato utile evidenziare, ad esempio, avvalendosi della storiografia italiana e straniera sulle reti delle associazioni internazionali di cui Schiavi fu protagonista di rilievo, e non solo dal secondo dopoguerra come presidente della sezione italiana del Conseil des communes d’Europe, come pure viene segnalato (p. 177), senza però richiamarne né i precedenti, né le profonde implicazioni, tecniche e politiche.

Oscar Gaspari