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Silvio Labbate – Il governo dell’energia. L’Italia dal petrolio al nucleare (1945-1975) – 2010

Silvio Labbate
Firenze, Le Monnier, XV-327 pp., Euro 24,00

Anno di pubblicazione: 2010

Questo lavoro si inserisce nel dibattito sull’approvvigionamento energetico italiano offrendo una sintesi di campata lunga, dall’immediato dopoguerra alle conseguenze del primo oil shock. La scelta del periodo è felice e collaudata, sebbene alcuni passaggi chiave (1947, 1962) siano svolti solo in parte. Il volume, infatti, si concentra – per circa la metà – sull’analisi delle conseguenze della crisi successiva alla guerra dello Yom Kippur, cosa che permette all’a. di mostrare il legame fra l’esplosione del prezzo del greggio e il nuovo impulso dato allo sviluppo del nucleare civile, nonché i tentativi riluttanti e i relativi fallimenti della cooperazione europea in campo energetico. In questa costruzione viene a mancare lo spazio per trattare compiutamente la politica energetica elaborata con l’Organizzazione per la cooperazione economica europea dal 1947. Dello sviluppo dell’industria della raffinazione imposta dall’Oece che trasformò l’Italia nella «raffineria d’Europa», non si fa quasi menzione. Sul programma, che impegnava le compagnie elettriche a un aumento della produzione di circa 1,5 miliardi di KWh annui tra il 1949 ed 1952, si fa un fugace cenno. Il programma fu presentato al Comitato per l’energia elettrica dell’Oece, il quale pretese un raddoppio delle prospettive di crescita: non fu quindi – come sostenuto – rispedito al mittente «perché ritenuto troppo ambizioso» (p. 20). Si trattava, è vero, di piani che lasciavano intatti gli squilibri territoriali, e questo l’a. lo afferma con assertività, laddove glissa sul rifiuto degli Stati Uniti di finanziare gli acquisti per le centrali idroelettriche dei paesi aderenti al piano Marshall. Questa decisione, che avviò l’importazione di macchinari americani per impianti termoelettrici alimentati dai combustibili dei giacimenti di idrocarburi scoperti dall’Agip, modificò l’assetto degli impianti e portò Finelettrica al controllo del 27,8 per cento della produzione nazionale (1961).È un merito di Labbate aver affrontato un tema di tale complessità nella sua globalità, costruendo una sintesi che coinvolge quasi ogni aspetto della politica economica e estera dell’Italia repubblicana. Ci si chiede, tuttavia, se dal punto di vista della tenuta logica sia opportuno collazionare i problemi legati all’approvvigionamento petrolifero (e, quindi, alla politica mediterranea dell’Italia nel suo altalenante evolversi, alle relazioni transatlantiche e a quelle intereuropee) con l’evoluzione del progetto nucleare italiano, anch’esso legato a dinamiche internazionali dal punto di vista della ricerca e dei finanziamenti (su tutti quello della Banca mondiale alla centrale sul Garigliano). La prospettiva offerta consente valutazioni generali giustificabili alla luce degli sviluppi successivi alla fine della golden age euro atlantica, dell’incertezza della strategia energetica nazionale negli anni ’70, del senso di smarrimento dell’Eni post-Mattei. Tuttavia l’assemblaggio in un’unica sintesi della somma di problemi affrontati talvolta scivola più in un elenco di problematicità che in un’analisi critica che avrebbe, forse, richiesto spazio e tempo diversi.

Mauro Campus