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Sonia Residori – Il Massacro del Grappa. Vittime e carnefici del rastrellamento (21-27 settembre 1944), – 2007

Sonia Residori
Verona, Cierre, 280 pp., Euro 12,50

Anno di pubblicazione: 2007

Il libro della Residori ricostruisce il massacro perpetrato dai nazifascisti nel corso del rastrellamento organizzato per annientare le formazioni partigiane operanti nella zona del monte Grappa, nel settembre 1944. Attraverso un uso attento delle fonti a disposizione, l’a. giunge ad una descrizione delle vicende e delle modalità relative alle uccisioni di partigiani e fiancheggiatori, o presunti tali, di ex prigionieri alleati, di ostaggi rastrellati nel corso delle operazioni. L’azione antipartigiana si rivolge in modo sistematico e premeditato contro i civili, colpevoli di fornire quegli appoggi senza i quali i partigiani non potrebbero resistere in montagna. Ma non si tratta di una violenza indiscriminata, che colpisce dall’esterno le comunità ai piedi del Grappa. In molti casi la violenza segue una pista precisa, disegnata dai conflitti e dagli odi della guerra civile: sono infatti i fascisti locali, e in altri casi meschini delatori per denaro, che contribuiscono alla cattura dei fuggiaschi, anche con subdoli trucchi che utilizzano i preesistenti legami all’interno delle comunità. Proprio a partire dal ruolo e dalle dirette responsabilità che fascisti locali e brigatisti neri ebbero nel massacro, la storia dell’eccidio del Grappa si ricongiunge alle complesse vicende nazionali che portarono alla transizione dal fascismo alla Repubblica. La fine della guerra sembrò offrire ai parenti delle vittime l’opportunità di veder realizzata la punizione dei colpevoli dell’eccidio. Il CLN locale si adoperò per raccogliere tutte le informazioni necessarie per cominciare i processi, attraverso lo strumento delle Corti d’Assise straordinarie, ma ben presto tali istituzioni furono svuotate di ogni potere reale. Per contro il passaggio dei casi all’amministrazione giudiziaria ordinaria fu l’inizio di un percorso accidentato e tortuoso, lungo un itinerario attraverso il quale gli orientamenti della magistratura giudicante si fanno sempre più sordi alle richieste di giustizia, e sempre più attenti alle esigenze di un discorso di pacificazione imposto dall’alto, e nella maggioranza dei casi condiviso dalla magistratura stessa. Ed è qui che si assiste a un clamoroso capovolgimento, che utilizza alcuni degli elementi costitutivi del processo di ricostruzione dell’identità nazionale italiana. Le responsabilità dei fascisti vengono ridimensionate nel paragone con la ferocia tedesca; i repubblichini si spacciano, a volte con successo, per difensori della popolazione dalle angherie delle truppe germaniche. Ma c’è da dire che neanche la gran parte dei crimini di guerra compiuti dagli occupanti tedeschi contro i civili furono perseguiti, in base alle esigenze di una complessa strategia diplomatica maturata nel contesto dei nuovi equilibri internazionali. E quando le responsabilità dei fascisti sono evidenti ci pensa l’indulgenza della corte a mitigare le condanne, fino all’amnistia di Togliatti, che di fatto allontana definitivamente ogni possibilità di giustizia. Forse l’interesse maggiore che suscita questo lavoro consiste proprio nel suo contributo alla riflessione storica sul tema della transizione nel dopoguerra che ancora necessita di una fase di approfondita ricerca.

Andrea De Santo