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Stefania Bernini – Family Life and Individual Welfare in Post-War Europe. Britain and Italy Compared – 2007

Stefania Bernini
Basingstoke-New York, Palgrave, 199 pp., ? 45,00

Anno di pubblicazione: 2007

Il volume ricostruisce la discussione sulla famiglia che si svolse in Italia e in Gran Bretagna nel secondo dopoguerra e come questa discussione influenzò l’intervento pubblico. La ricerca si fonda sul presupposto che dietro le definizioni dominanti di vita familiare vi siano attori e interessi collettivi, per cui la discussione sulla famiglia costituisce il terreno in cui si confrontano politiche diverse, a volte antitetiche. La comparazione offre motivi di particolare interesse alla ricerca, viste anche le forti differenze del contesto in cui discussioni e politiche pubbliche presero forma. Mentre in Gran Bretagna un vasto e capillare sistema di previdenza sociale consente allo Stato di sostituirsi alla famiglia in alcune situazioni e funzioni, «in Italia la modestia delle politiche di welfare del dopoguerra sembrava lasciare alla chiesa cattolica una autorità incontrastata al riguardo della famiglia e alla famiglia una enorme responsabilità nella cura dell’individuo» (p. 5).È appunto attraverso la comparazione che la ricerca offre i risultati migliori. Se nella Gran Bretagna del dopoguerra è alla conoscenza medica (compresa la psicanalisi) che viene riconosciuta la maggiore autorevolezza, in Italia assumono un ruolo particolarmente importante agenzie volontarie e istituzioni semipubbliche: si tratta, comunque, di un intervento estremamente frammentato, come dimostra il fatto che nei primi anni ’50 erano circa 3.000 le istituzioni che operavano in questo ambito, fornendo assistenza a più di 200.000 bambini in condizione di estremo bisogno. Nel settore specifico della politica sociale verso l’infanzia, ebbe luogo in Gran Bretagna un importante sviluppo: che la responsabilità della cura genitoriale venne sempre più considerata una responsabilità civile, e dunque materia pubblica, con riflessi evidenti sulle relative politiche. Va da sé che un indirizzo del genere era lontanissimo dall’affermarsi in Italia.Al di là di queste differenze, sia in Gran Bretagna sia in Italia era dominante l’idea che i valori della famiglia costituissero l’unica possibile diga alla decadenza morale, di cui per altro si vedeva il segno nell’aumento dei figli «illegittimi». C’era, su questo terreno, soprattutto negli anni ’50, una significativa convergenza tra la Chiesa cattolica, in Italia, e il Partito conservatore britannico basata sull’idealizzazione della famiglia tradizionale. D’altra parte, anche il PCI di Palmiro Togliatti evitò deliberatamente di legare la richiesta della parità di diritti per le donne a una critica dei tradizionali ruoli familiari. Le donne comuniste, sosteneva Togliatti, non trascuravano i loro doveri specifici all’interno della famiglia né «rinunciavano in nessun modo alla loro grazia e alla loro femminilità» (p. 31).L’ultimo capitolo ribadisce e articola la tesi centrale: che il tema della famiglia, e dunque della regolazione della vita familiare, offre una prospettiva privilegiata «attraverso cui guardare alle trasformazioni che si realizzano nella sfera sociale e politica» (p. 144), costituendo un terreno di propaganda nel quale confluiscono istanze e preoccupazioni legate ai diritti di cittadinanza e alle politiche di genere.

Luciano Marrocu