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Stefano Ferrante – La Cina non era vicina. Servire il popolo e il maoismo all’italiana – 2008

Stefano Ferrante
Milano, Sperling & Kupfer, XI-276 pp., euro 16,00

Anno di pubblicazione: 2008

Stefano Ferrante è un giornalista parlamentare attento alle storie dei movimenti extra-parlamentari. Il suo nuovo libro è dedicato ad uno dei fenomeni più originali del radicalismo di sinistra dell’Italia degli anni ’60 e ’70. Si tratta dell’Unione dei comunisti italiani (marxisti-leninisti), il primo movimento-partito di «ispirazione» maoista del paese che arrivò a presentarsi alle politiche ed alle amministrative del ’71-72. Il libro di Ferrante parte dalla scelta di Mao, dalla diffusione in Italia del mito della rivoluzione culturale cinese e del suo capo e attraversa la storia del movimento, poi diventato partito, dal ’68 fino al suo scioglimento nel 1975.La parte più interessante è nella descrizione dei protagonisti e dei loro riti. Primo tra tutti il «Mao italiano», Aldo Brandirali, e poi artisti ed intellettuali come Mario Schifani o Lou Castel, insieme a giovani che diventeranno conosciuti nella società italiana dei decenni successivi, da Michele Santoro a Renato Mannheimer, da Enzo Lo Giudice a Linda Lanzillotta. L’a. costruisce una storia corale, raccontando piccoli e grandi episodi che entrarono nella mitologia del movimento e degli estremismi italiani degli anni ’70. Ferrante descrive i cortei e le occupazioni delle case popolari, le spedizioni nel Sud profondo e gli scontri di piazza, le marce rosse e la diffusione di «Servire il popolo», il giornale dei «cinesi» italiani. Nel libro vi sono poi quelle originali caratteristiche del maoismo in salsa italiana, dalle «collettivizzazioni» dei beni personali degli aderenti all’Uci all’agognata quanto deludente visita della Cina comunista. Ferrante descrive una lunga serie di slanci ideali e fanatismi organizzativi, illusioni politiche e dogmatismi ideologici che diventeranno quasi episodi di costume come nel caso degli asili e dei matrimoni comunisti o drammatici quando si trattava delle feroci lotte interne. I maoisti italiani tentarono di costruire la prima forza strutturata alla sinistra del Pci. Allo stesso tempo cercarono di concorrere con le innumerevoli sigle dei movimenti extraparlamentari per la leadership dell’ultrasinistra italiana. Fu un’esperienza fugace, fallimentare prima sul piano elettorale e poi su quello politico. Il libro utilizza documenti della stampa dell’epoca ed una folta raccolta di testimonianze. In questo modo realizza un affresco della politica e delle passioni di una generazione con un efficace impianto narrativo e piglio giornalistico. Resta il problema storico. Come queste forze e questi movimenti abbiano contribuito a rafforzare sul piano politico e culturale l’anomalia italiana ed allo stesso tempo ne siano stati derivazione o indiretta espressione. Inoltre il maoismo non fu un fenomeno italiano ma si diffuse in forme non sempre marginali in gran parte del mondo della guerra fredda, dall’Albania alla Colombia. Anche in questo senso lo studio delle esperienze italiane servirà a comprendere i grandi processi che segnarono la fase culminante del confronto tra i grandi blocchi.

Carmine Pinto