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Stefano Lusa – La dissoluzione del potere. Il partito comunista sloveno ed il processo di democratizzazione della Repubblica – 2007

Stefano Lusa
Udine, Kappa Vu, 363 pp., Euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2007

Nel suo lavoro, frutto di una tesi di dottorato sostenuta presso l’Università di Torino, Stefano Lusa analizza le premesse storiche e le tappe della nascita dello Stato sloveno indipendente e democratico, nel 1991-92. Come l’a. argomenta in modo convincente, si trattò nel caso sloveno di una transizione graduale, innescata soprattutto dalla crisi economica dei primi anni ’80. Verso la fine del decennio, tuttavia, l’opzione indipendentista era maturata come unica scelta razionale in una élite, quella comunista slovena, nel cui orizzonte l’idea di guidare una struttura politica e al tempo stesso una comunità etno-linguistica avevano sempre teso a coincidere. La difesa dell’autonomia garantita da Tito, la crescente sfiducia nell’esercito «serbo», le polemiche di stampa nei confronti del centralismo belgradese, l’allarme sociale creato dalla sempre più massiccia immigrazione dei «fratelli del Sud» (serbi, bosniaci, montenegrini, macedoni) nella più prospera Repubblica jugoslava e, non da ultimo, l’adesione a un progetto di cooperazione economica regionale transnazionale quale Alpe-Adria: furono questi i tasselli che andarono a comporre, negli anni che seguirono la morte di Tito, il mosaico di pulsioni e motivazioni alla base della separazione della Slovenia dalla Jugoslavia. Sul piano interno, Lusa tratteggia con notevole efficacia il ritratto di un microcosmo sospeso fra ansie nazionali, tentazioni conservatrici legate alla memoria antifascista e i primi embrioni di opposizione, legati a matrici culturali e generazionali prima ancora che a un progetto politico (eccellenti le pagine dedicate alla nascita del movimento punk e della «Neue Slowenische Kunst»). Confermando le analisi sulla «territorializzazione» ed etnicizzazione delle strutture di potere nelle Repubbliche sovietiche negli ultimi decenni del regime comunista, Lusa mostra come gli apparati di partito fornirono negli anni ’80 un potente ombrello al riparo del quale tutte le élites nazionali jugoslave, seppur eredi dirette della vecchia nomenklatura fedele al titoismo, furono in grado di coltivare con ampia libertà di manovra il proprio «progetto». La specificità slovena si manifestò tuttavia in una precoce fiducia nell’integrazione europea e nella volontà, evidente anche nel giugno 1991, al tempo del breve conflitto armato con l’esercito federale, di mantenere il conflitto con Belgrado entro i confini della legalità. In un lavoro animato da uno smaliziato approccio positivista e sorretto da un’imponente documentazione di prima mano proveniente dagli archivi statali sloveni – accessibili senza limitazioni sino a tutto il 1990 – l’a. riesce a trasformare la cronaca di eventi a noi cronologicamente vicini in una vera narrazione storica.

Stefano Bottoni