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Stefano Pivato – Il nome e la storia. Onomastica e religioni politiche nell’Italia contemporanea – 1999

Stefano Pivato
il Mulino, Bologna

Anno di pubblicazione: 1999

In un celebre articolo apparso nel 1932 sulle “Annales” Marc Bloch sosteneva che i nomi di persona, i motivi che stanno dietro ogni scelta, la frequenza con cui alcuni nomi ricorrono rispetto ad altri sono “altrettanti segnali che, convenientemente interpretati, rivelano delle correnti di pensiero o dei sentimenti ai quali lo storico non potrebbe restare indifferente”. Stefano Pivato ha raccolto questa sollecitazione per impostare una ricerca assai accurata e originale sull’onomastica ideologica in Italia nell’arco di tempo compreso fra la nascita del Regno e gli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale. La scelta del termine a quo è stata dettata dalla fonte primaria di cui si è servito, vale a dire gli indici decennali dello stato civile che ogni Comune era tenuto a compilare in base alla legge del 1865. Il termine ad quem scaturisce invece dall’individuazione di una precisa cesura storica, il momento in cui la tradizione del nome ideologico, cioè il nome personale dato dai genitori ai figli con l’esplicita volontà di manifestare un convincimento ideale, un sentimento politico o religioso, un’idea di appartenenza o una semplice emozione, si ridusse improvvisamente fino quasi a scomparire del tutto, sostituita da “un sistema onomastico che eleva a nuovi simboli i divi del cinema, quelli della televisione o gli eroi sportivi” (p. 29).
Naturalmente la ricerca si basa sulla selezione di un campione necessariamente ristretto che è rappresentato da cinquanta Comuni, fra i quali un capoluogo regionale e sette capoluoghi di provincia, tutti ubicati in un’area compresa fra l’Emilia-Romagna, la Toscana, le Marche settentrionali e alcune propaggini della Lombardia e del Veneto: la zona che la storiografia ha unanimemente riconosciuto come laboratorio della politica italiana e in cui il discorso politico ha avuto fra Otto e Novecento una circolazione più intensa e diffusa che altrove. L’indagine offre un’esplicita conferma a questa tesi e dal suo particolare angolo prospettico fornisce qualche sostegno anche ad alcune interpretazioni della storia italiana del XX secolo che sono state elaborate in tempi più o meno recenti, non ultima quella relativa all’affievolimento del culto della patria verificatosi durante la seconda guerra mondiale e immediatamente registrato da un’onomastica che vide scomparire i nomi legati all’idea della patria, al pari peraltro di quelli che avevano costituito l’idealizzazione di utopie democratiche e rivoluzionarie.
L’a. si muove all’interno di questo territorio d’indagine con la necessaria prudenza e con la consapevolezza dei rischi che potrebbero esservi in classificazioni troppo rigide o in generalizzazioni troppo estensive. Ricco di riferimenti e di piacevole lettura, il volume offre interessanti elementi di riflessione su due dei più importanti fenomeni che hanno caratterizzato il XIX e il XX secolo: la secolarizzazione della società e la democratizzazione della politica, ossia la trasformazione di quest’ultima da fenomeno elitario a evento socialmente diffuso.

Fulvio Conti