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Stefano Pivato – Il Touring Club Italiano – 2006

Stefano Pivato
Bologna, il Mulino, 166 pp., euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2006

La storia del turismo, sia pur lentamente, mette radici anche nel nostro paese, e in questo contesto si è subito avvertita la mancanza di una ricostruzione delle vicende della principale istituzione turistica, il Touring Club Italiano. Questa lacuna è ora parzialmente colmata dall’opera di Stefano Pivato, già autore di buoni lavori sulla storia del tempo libero. Il suo lavoro è interessante, di piacevole lettura e documentato, nei limiti consentiti a una sintetica opera di alta divulgazione, che utilizza solo fonti secondarie (un lavoro più impegnativo, auspicabile, richiederebbe approfondite ricerche negli archivi del Touring, comunque largamente lacunosi). Pivato riesce a proporre una prima visione d’insieme della storia del Touring, anche se forse parte da troppo lontano (il Grand Tour!), diluendo così la novità del turismo rispetto alla lunga tradizione del viaggio. Gli ultimi capitoli sono più svelti ed efficaci rispetto alla prima parte, ma tale distribuzione della materia riflette anche la visione di Pivato, nella quale il Touring nasce già adulto, ma muore giovane… In effetti, pur consapevoli del rischio di tesserne l’apologia, è difficile sottrarsi al fascino del primo Touring: profondamente milanese (qui ebbe sempre i suoi organi di governo) nel senso migliore del termine, con una sana diffidenza per Roma e il Sud; liberale sul modello inglese, assai più dei governi del tempo, ma in forme aperte e con un largo spirito associativo, educativo e democratico (e anche per questo guardato con sospetto da socialisti e cattolici); ben collegato alla nascente industria italiana, nella città del Politecnico; determinato nel perseguire un’idea semplice ed efficace, e cioè che la pratica dello sport, l’adozione dei nuovi mezzi di trasporto (bicicletta, auto) e migliori collegamenti avrebbero accelerato la modernizzazione del paese; sorretto da un forte spirito nazionale, nella convinzione che solo attraverso la conoscenza diretta dell’Italia si poteva completare l’opera del Risorgimento («L’Italia farà gli Italiani!»). Tale ruolo, secondo Pivato, entra tuttavia in crisi quando il fascismo (con cui il Touring, tra alti e bassi, trova comunque un terreno d’intesa) fa propria larga parte del programma dell’associazione, occupandosi in prima persona del turismo, attraverso le istituzioni pubbliche e iniziative quali i celeberrimi «treni popolari», con il risultato di relegare il Touring in un ruolo sussidiario (ma a questo proposito andrebbe approfondito quel divario tra i roboanti programmi e la loro effettiva realizzazione che fu caratteristico del fascismo). Né il Touring, sempre secondo Pivato, riesce a recuperare la perduta influenza nel secondo dopoguerra, quando il turismo s’impone definitivamente nella vita del paese, ma in forme ludiche e consumistiche, poco toccate anche da quella nuova sensibilità ambientale e paesaggistica di cui il Touring andava dotandosi. E così, dopo molti e meritati elogi, Pivato giunge ad una conclusione paradossale, quasi un epitaffio: «dopo oltre un secolo di vita, gli ideali e la cultura del Touring non appartengono che in minima parte alla identità del nostro Paese» (p. 153). Ma è davvero così?

Claudio Visentin