Cerca

Storia del tabacco nell’Italia moderna. Secoli XVII-XIX

Stefano Levati
Roma, Viella, 276 pp., € 29,00

Anno di pubblicazione: 2017

Frutto di una ricerca decennale, il volume declina nello spazio della penisola la storia
del tabacco merce globale che vede gli Stati italiani alle prese con un nuovo business, tra
consumi, forme di controllo e pratiche di eversione. Ripercorsi nel primo capitolo la diffusione
della pianta dalle Americhe in Europa – grazie anche alla rete dei diplomatici, in
primis l’ambasciatore francese Jean Nicot de Villemein ‒ e i suoi usi inizialmente confinati
al settore medico-farmaceutico come sorta di panacea, ma anche la precoce querelle tra
i suoi sostenitori e i suoi detrattori (tra questi ultimi, Giacomo I Stuart), l’a. va al cuore
della ricerca: la dialettica tra gestione del mercato attraverso il sistema della privativa e gli
«spazi illeciti» del mercato illegale promosso e animato da esponenti del clero, militari e
nobili (p. 105 ss.), nel quadro del più generale processo di modernizzazione e di razionalizzazione
della macchina statuale di Antico Regime.
Ricostruito su una ricca e importante messe di fonti archivistiche e un’ampia letteratura
internazionale, nella quale spicca la produzione sul caso spagnolo, il caso italiano
viene così analizzato e comparato nelle sue spazialità sia sotto il profilo qualitativo che
quantitativo. Il volume di affari legato al tabacco, di cui nel ’700 risulta ormai evidente la
capillarità di diffusione e la connotazione sociale nelle modalità di consumo, dimostra il
carattere strategico del prodotto che, dopo il sale dell’età moderna, diviene oggetto degli
sforzi amministrativi per favorirne il non facile decollo imprenditoriale e, soprattutto,
l’incameramento degli introiti per «rimpinguare […] i sofferenti bilanci degli Stati italiani
» (p. 96). Ma più che gli sforzi governativi a monte del processo produttivo, sono
quelli a valle per contrastare il contrabbando a testimoniare fluidità e permeabilità dei
confini e delle categorie coinvolte nella sfida dei centri del potere verso le periferie, sfida
aggravata assai spesso dalla connivenza degli stessi soggetti preposti al controllo. Logica e
importante conseguenza, la creazione negli anni della Repubblica italiana della guardia di
finanza come corpo destinato alla «difesa dei dazi e delle privative» (p. 237), alle dirette
dipendenze del Ministero delle Finanze, si presenta come un evidente salto di qualità,
attribuibile alla visione politico-economica di Giuseppe Prina che avrebbe pagato con la
vita il ruolo svolto nel sistema napoleonico.
È così all’inizio dell’800 che la sfida dell’accentramento e dell’uniformità pare vinta
nella semplificata geografia politica della penisola napoleonica: la gestione della privativa
del tabacco, le cui potenzialità fiscali sono ben evidenti a Prina, viene affidata alla figura
chiave di Stefano Majnoni, le cui carte l’a. ha potuto consultare nell’archivio della famiglia:
il caso della regia fabbrica di tabacchi impiantata a Milano nel 1804 illumina infatti
ulteriormente le dinamiche di un apprendistato imprenditoriale ormai maturo, nel quale
la dialettica pubblico/privato ma anche il rapporto innovazione/sperimentazione ci introducono
efficacemente nelle sfide economiche e finanziarie dell’età contemporanea.

Arianna Arisi Rota