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Storie nascoste: antropologia e memoria dell’esodo istriano a Trieste

Stefano Pontiggia
Roma, Aracne, 184 pp., € 12,00

Anno di pubblicazione: 2013

In che modo si struttura e modella la memoria dell’esodo istriano, come s’intreccia con l’identità dei profughi, quale è il ruolo svolto dalle organizzazioni dei profughi nelle pratica di memoria collegate all’esodo? Queste sono le principali domande che l’autore si pone nella sua indagine antropologica svolta sul campo, principalmente a Trieste, in particolare negli ambienti associativi degli ex profughi istriani. Come già l’antropologa americana Pamela Ballinger nel suo History in Exile: Memory and Identity at the Borders of the Balkans (Princeton University Press 2003, tradotto in italiano da Il Veltro nel 2010) anche Pontiggia si allontana dai percorsi storiografici più tradizionali della storia del confine orientale preferendo l’osservazione partecipante e un saldo ancoramento epistemologico negli studi che nelle pratiche di memoria individuano una strettissima interazione tra dimensione personale e quella collettiva. Indagando le contrapposizioni di memorie ma anche l’uso politico della storia nel contesto delle associazioni dei profughi, fa vedere in che modo si plasma e rafforza l’identità istriana anche tra coloro che non hanno vissuto in prima persona l’esperienza dell’esodo. Partendo dal presupposto che la memoria è un prodotto politico, sociale, culturale, linguistico condizionato dai quadri sociali collettivi, lo interessano le alterazioni e le manipolazioni che si attuano rispetto a esperienze traumatiche come appunto la profuganza, le contaminazioni tra percorsi individuali e le forme di rimemorizzazione collettiva. Da osservatore partecipante segue le forme di condivisione dei ricordi e l’elaborazione di una memoria collettiva che uniforma la conoscenza degli affiliati, e analizza in che modo la memoria dell’esodo istriano si pone al servizio dell’identità collettiva ma anche individuale. L’a. indaga con quali pratiche discorsive il mondo associativo si proponga come il portavoce e il detentore della verità storica sulla regione istriana e sull’esodo, come produca legittimazione politica e allo stesso tempo delegittimi i rimasti: quelli italiani che dopo il 1945 decisero di non partire e di vivere in Jugoslavia. Nei racconti raccolti dall’autore negli ambienti dell’associazionismo istriano emerge come centrale la questione dei beni degli esuli e l’uso che l’Italia ne ha fatto per pagare i danni della guerra, ma anche il bisogno dei singoli intervistati di riappropriarsi simbolicamente dei luoghi di provenienza in terra istriana e dalmata per liberarsi definitivamente della vergogna scaturita dall’esperienza di ex esule. Tuttavia, Pontiggia non dimentica di includere nella sua analisi anche le narrazioni plurime di quegli esuli che non si riconoscono né nell’associazionismo né nella rappresentanza politica degli esuli. Sono coloro che spesso richiedono una memoria pubblica più equilibrata e sono anche meno favorevoli alla retorica di vittimizzazione.

Marta Verginella