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Stuart Woolf (a cura di) – L’Italia repubblicana vista da fuori – 2007

Stuart Woolf (a cura di)
Bologna, il Mulino, 498 pp., Euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2007

Mark Gilbert, David Ross, Rolf Petri, John A. Davis, Patrick McCarthy, cinque studiosi di lingua inglese, presentano altrettanti densi saggi che sono una interessante e stimolante rassegna degli studi e delle interpretazioni sulla storia della Repubblica italiana vista dall’estero, in particolare dalla sponda anglosassone e tedesca. Li introduce Stuart Woolf con una lunga premessa che solleva temi di grande attualità nella comunità degli storici accademici italiani e non solo italiani: innanzi tutto il problema di una ricerca storica su avvenimenti legati a un passato recente e recentissimo che apre questioni di metodo e di fonti, ma ripropone anche il nodo ineludibile dell’uso e dell’abuso pubblico della storia. Da qui il discorso sul revisionismo e sulla memoria divisa o condivisa, non solo come querelle interna alla storiografia italiana, ma caratteristica di una fase di transizione e di cambiamento con la quale a partire dal 1989 l’intera comunità scientifica europea sta facendo i conti. Al di là di percorsi paralleli, non va eluso il problema di quali siano limiti e vantaggi dell’approccio alla storia di un paese da parte di ricercatori stranieri che necessariamente si muovono in un contesto comparativo e rispetto agli storici italiani attribuiscono maggiore importanza alle scienze sociali. Woolf e gli autori dei saggi smentiscono comunque la pretesa neutralità di uno sguardo «da fuori». Nelle rassegne degli studi sulla storia dell’Italia repubblicana, con l’eccezione del saggio di Rolf Petri, emerge invece il profondo coinvolgimento degli aa. nel dibattito storiografico italiano di cui finiscono col condividere posizioni e divisioni, a volte con la stessa passione ideologica. Una democrazia italiana «anomala» o una democrazia incompiuta o debole è il filo conduttore delle interpretazioni che si differenziano nell’individuazione della cause: una società arcaica governata con le modalità trasformistiche del XIX secolo – Denis Mack Smith; una arretratezza economica e sociale incompatibile con la costruzione di un edificio democratico moderno – Stuart Hughes; una inadeguatezza della classe politica nel riconoscere e rappresentare la trasformazione accelerata di valori e idee che a partire dal boom degli anni ’60 cambia il volto della società italiana – Paul Ginsborg. Sotto questo profilo fuori dal coro c’è solo il giudizio provocatoriamente positivo di La Palombara che rileva la stabilità di questo pur anomalo edificio istituzionale. L’aspirazione a un «paese normale» che ne discende, ha portato ad approfondire le analisi su familismo, clientelismo e localismo, tre caratteristiche essenziali della società italiana – Robert Putnam, ma anche gli studiosi il cui oggetto di ricerca è il Sud, diventato nella storiografia degli anni ’70 (Sidney Tarrow, John Davis) «un campo di battaglia per le opposte teorie sociologiche sulla modernità» (p. 361). Il volume si chiude sui temi dell’identità nazionale, già anticipati nell’Introduzione da Woolf che, per parte sua, considera poco persuasiva l’insistenza della storiografia italiana sul concetto di una crisi di appartenenza nazionale, mettendo invece l’accento su una «diseducazione» alla cittadinanza.

Simona Colarizi