Cerca

Terra e politica. Ceti dirigenti in Umbria dall’Unità al fascismo

Matteo Aiani
Foligno, Il Formichiere, 422 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2018

Matteo Aiani, ricercatore in Storia contemporanea, pubblica questo libro nella
collana «Storia delle classi dirigenti in Italia» che ha visto la luce nel 2015, edita da Il
Formichiere. Attraverso i casi di studio dei cinque comuni di Perugia, Assisi, Foligno,
Spoleto e Terni, l’a. ricostruisce la storia del ceto dirigente politico-amministrativo umbro
dall’Unità fino al 1923, evidenziando la prevalente rappresentanza di una élite terriera
contrassegnata da staticità gestionale, cumulo delle cariche, ereditarietà degli incarichi,
clientelismo, stretti legami parentali-amicali. L’a. sostiene che queste caratteristiche della
«possidenza terriera» rimangono pressoché inalterate lungo i decenni per meglio difendere
gli interessi all’autoconservazione del potere propri del notabilato locale e cittadino. Il
volume si basa su uno studio degli archivi comunali, notarili, delle Camere di commercio
e delle Casse di risparmio, le cui risultanze quantitative vengono soprattutto riportate in
un’ampia Appendice (pp. 293-370) in cui si evidenziano la condizione socio-professionale,
le proprietà fondiarie e le cariche ricoperte dai consiglieri comunali nei cinque comuni dal
1860 al 1920, dal 1921 al 1922 e infine dagli eletti nel 1923.
Dalla lettura del volume appare discutibile la scelta di accomunare nell’unica categoria
del possidente terriero tutti coloro che risultano essere proprietari fondiari, sia con
qualche ettaro che con migliaia di ettari di terra; sia da pochi anni, o da secoli e secoli;
sia con minori o con maggiori redditi o capacità di investimenti; sia con alti o bassi livelli
di istruzione e cultura. Una distinzione tra la composita e articolata area della possidenza
resta utile per meglio valutare il peso e l’influenza che questi ceti agrari sono poi in grado
di esercitare sulle varie scelte economiche e sociali compiute nel corso dei decenni.
Collegato a questo primo elemento, analizzando i dati contenuti in Appendice, appare
parzialmente confermata la tesi interpretativa secondo cui si sarebbe realizzata per
decenni, in modo quasi esclusivo, l’egemonia o il dominio dell’élite agraria sul resto della
società umbra. Se questa lettura può avere un qualche riscontro fino agli anni ’90
dell’800, è nel periodo giolittiano che anche nella provincia dell’Umbria cresce progressivamente
una borghesia cittadina, spesso antagonista del potere agrario sia sul fronte della
gestione pura e semplice del potere, sia con progetti di vera e propria modernizzazione
economico-sociale dei territori. D’altronde, nei consigli comunali cresce la presenza di
un nuovo ceto professionale, costituito da artigiani, commercianti, medici, avvocati, ingegneri,
farmacisti, insegnanti (maestri, in particolare) e impiegati. Tra questi non pochi
a Foligno come a Spoleto, a Perugia come a Terni, entrano in conflitto prima con il
potere liberal-conservatore, poi con quello liberal-giolittiano, mentre altri aderiscono al
movimento socialista. Non pochi inoltre investirono sulla «modernizzazione fascista» che,
almeno all’inizio, anche in Umbria, vedrà il sostegno dei «ceti medi emergenti».

Alberto Stramaccioni