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Terrore e terrorismo. Saggio storico sulla violenza politica

Francesco Benigno
Torino, Einaudi, 366 pp., € 32,00

Anno di pubblicazione: 2018

«Duplice, obliquo, opaco, il terrorismo si rivela così il vero, inquietante fantasma del nostro tempo» (p. XIX): in pagine avvincenti, ben documentate, a volte ironiche nella descrizione di singoli episodi, l’a. dimostra la validità dell’ipotesi che fa da filo conduttore al suo lavoro. L’uso della violenza politica per atti dal valore prevalentemente simbolico è fenomeno vecchio di millenni, che «presenta forti tratti di continuità con il percorso bisecolare» preso in considerazione dal testo (p. 292). L’obiettivo principale del gesto terroristico è creare una relazione amico/nemico, e questo spiega perché, con l’avvento della politica di massa, suo bersaglio principale siano divenuti non più i «tiranni» ma i moderati e la «zona grigia» della società, la cui esistenza confuta questa visione manichea.
In un processo circolare, il terrorismo ha suscitato un più vasto terrore statale, che ha spesso utilizzato il metodo della provocazione e della infiltrazione per fini interni e internazionali. Momento centrale di questo processo è stata la strumentale scoperta del «nuovo terrorismo» da parte degli Usa negli anni ’80, e di Russia e Cina un decennio dopo, e della sua riduzione a una trama ordita da potenze straniere, a «una disposizione naturale verso una violenza sfrenata» (pp. 257-260) o al fanatismo religioso (p. 290), che hanno paradossalmente sottovalutato le sue potenzialità.
È stato piuttosto il successivo attentato alle Twin Towers a porre un problema che il testo affronta solo in parte: la rivoluzione tecnologica in corso potrà dare nuovo impulso al terrorismo? La diffusione e l’accessibilità a basso costo delle conoscenze scientifiche e tecniche rende più concreto il pericolo di un terrorismo cibernetico, biochimico e persino nucleare: questo emerge da una letteratura attendibile, pur nei toni inevitabilmente allarmistici. Come mostra la parabola di Al-Qa’ida e di Dae’sh, gli odierni strumenti informatici consentono anche nei momenti di riflusso di mantenere i contatti con una rete globale di simpatizzanti e con terroristi «dormienti» e di coordinare lo spostamento di gruppi di combattenti da un paese all’altro. L’amplificazione mediatica degli attentati, fenomeno antico, ha raggiunto velocità e dimensioni tali da diffondere un’acuta percezione di pericolo anche in paesi poco colpiti dal fenomeno. La militarizzazione di luoghi e strutture di lavoro, viaggi e turismo, ne è la conseguenza più evidente. «Terrorismo e terrore tornano, allora, di nuovo a intrecciarsi» (p. 304), ma in forme in parte nuove rispetto al passato. Molti Stati, anche democratici, hanno tratto spunto dai timori suscitati dalla diffusione del terrorismo per introdurre legislazioni restrittive dei diritti individuali e strumenti informatici di controllo, che raccolgono dati anche sulla vita privata e le opinioni sui singoli cittadini.
I tempi di Charlotte Corday e dei tanti foschi eroi romantici protagonisti del terrorismo dei secoli scorsi sono sempre più lontani: se il terrorismo è «un’episteme» (p. VII) del mondo contemporaneo, lo è per la sua capacità di porsi come crocevia degli impulsi totalitari che percorrono le nostre società.

Fabio Bettanin