Thomas Kroll – Die Revolte des Patriziats. Der toskanische Adelsliberalismus im Risorgimento, Max Niemeyer Verlag – 1999

Thomas Kroll
Bd. 90), Tübingen (Bibliothek des Deutschen Historischen Instituts in Rom
Anno recensoine: 1999

Il volume di Kroll non rappresenta né soltanto un saggio di storia politica né soltanto un’indagine di storia sociale (qualunque cosa poi essa sia). A rigore si dovrebbe definire uno studio di storia costituzionale, intesa come ricostruzione di quelle “legature”, di quelle strutture ideali, istituzionali, ed economiche, che spiegano come i ceti, le classi e gli stessi individui si disciplinino e si governino all’interno di un’inestinguibile società politica.
Come collocare quest’opera nel panorama delle ricerche sul Risorgimento? Sommariamente, sul versante “antirisorgimentista”. La tesi fondamentale del libro è infatti che “il Risorgimento toscano dev’essere interpretato come una rivolta della nobiltà contro il moderno stato amministrativo” (p. 398). Quel Risorgimento fu infatti una creatura della nobiltà patrizia, che esercitò una completa egemonia sul moderatismo liberale. Quest’ultimo, a sua volta, non rappresentò l’adesione di quel ceto ad una temperie modernizzante, ma – quasi al contrario – la sua reazione al riformismo burocratico e accentratore prevalente nel Granducato a partire dagli anni venti e trenta dell’800. Fu l’antagonismo nei confronti di questo progetto a sospingere la nobiltà, che da esso veniva colpita, verso l’idea di uno Stato sovraregionale. In maniera riluttante e “non intenzionale”, i patrizi di Toscana si trovarono così a sostenere la causa nazionale: dapprima, per sfuggire ad un vecchio regime che intendeva modernizzarsi senza di loro, poi, per non essere esclusi dal regime nuovo che senza di loro minacciava di instaurarsi.
Il volume è diviso in quattro capitoli; i più corposi dei quali sono rispettivamente dedicati all’affermazione del “liberalismo nobiliare”, soprattutto nelle sue dinamiche sociali (il terzo) ed alla dialettica politica tra i “ribelli moderati” ed i centri del potere (il quarto). L’a. spiega la sua tesi in modo convincente utilizzando un cospicuo materiale archivistico ed una buona capacità di racconto. Si leggano, ad esempio, la dozzina di pagine (60-71) dedicate alla carriera amministrativa di un importante personaggio, assunto ad emblema delle contraddizioni tra patriziato e nuova burocrazia borghese. Forza un po’ troppo Kroll quando ripete (pp. 11 e 393) che la nascita dello Stato nazionale fu, per il patriziato toscano, un “effetto collaterale non previsto” della sua resistenza al moderno Stato amministrativo. Ma il suo punto è solido. Personalmente credo – ed ho scritto – che il problema di una “adelige Selbstverwaltung” ha molto a che fare anche con la schizofrenia dimostrata dalla classe dirigente post-unitaria in materia di autonomia locale.
Avrei apprezzato una maggiore attenzione alle vicende strutturali dell’ammministrazione centrale (al di là della politica del personale); ma il libro ha risposto a molte mie altre domande e attesto volentieri che è possibile leggerlo anche ai 35° all’ombra senza un attimo di noia.

Fabio Rugge