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Tommaso Grossi – Carteggio. 1816-1853, a cura di Aurelio Sargenti – 2005

Tommaso Grossi
Milano, Centro nazionale studi manzoniani, 2 voll., pp. LXXVII-1131, euro 78,00

Anno di pubblicazione: 2005

I due volumi raccolgono il fitto scambio epistolare (537 lettere) intercorso fra Tommaso Grossi e gli amici, i conoscenti, la moglie e i familiari dal 1816 al 1853, anno della sua scomparsa. Le lettere scritte e ricevute dal Grossi, personaggio di spicco della prima generazione romantica lombarda e interprete vivace e spontaneo di istanze sociali, moderate aspirazioni politiche, intenti morali e gusto popolare si confermano documento appropriato per completare la conoscenza di ?giorni e opere? di uno scrittore amato per le qualità umane e stimato per la produzione artistica. Circoscritte nell’ambito di una scrittura tutta privata, le relazioni epistolari di Grossi e degli amici ?tamquam fratres?, Carlo Porta, Luigi Rossari, Alessandro Manzoni, Massimo d’Azeglio, Giuseppe Giusti, Ermes Visconti, Giovanni Torti, delineano una società di intellettuali uniti da forti interessi comuni, dalla passione per la letteratura, dalla ricerca di una cultura nuova nei contenuti e nella forma.
Lo scambio di notizie, informazioni, consigli e pettegolezzi espresso con parole franche e argute e con toni colloquiali che spesso indulgono nell’uso del dialetto e degli scherzi in rima, restituisce assai bene l’atmosfera culturale e civile del tempo e il passaggio del Grossi dagli anni della ?Cameretta portiana? (e dalla grande stagione poetica in dialetto milanese) a quelli del più aristocratico cenacolo manzoniano, e al tempo stesso testimonia la fiducia e la confidenza con la quale si trattavano anche le situazioni più delicate e personali. Attese con impazienza, accolte con gioia e scritte con il gusto di chi desidera mantenere vivi i contatti, le lettere raccontano il perdurare di legami intensi, che facevano dell’amicizia, della collaborazione e dell’amore per lo studio e la scrittura una sola vivificante esperienza, così da giustificare, talora, l’affiorare di qualche inevitabile nota di rimpianto per il ?bel tempo? passato, rimpianto acuito dal confronto non sempre gratificante con il presente e con quello che tutti avevano fatto delle loro vite, dei desideri e delle speranze. Significativi al riguardo i cenni, in una lettera al Berchet del 1831, a Manzoni ?tutto impelagato nella filosofia: legge molto, scrive poco, e non è contento di niente?, a Torti che ?non fa più nulla, altro che brontolare?, a Rossari ?che non è più il pivello?? (vol. I, p. 467). Il trascorrere del tempo e la maturità non disperdono il patrimonio dell’amicizia: il colloquio prosegue anche dopo il matrimonio del Grossi e la sua volontaria scelta di abbandonare ogni occupazione letteraria, così che le voci che tanto avevano contribuito a stimolare la stagione poetica dello scrittore continuano ad accompagnarlo con affettuosa sollecitudine negli anni della ?felicità domestica?. Meritano un elogio sia l’ampia ed elegante introduzione che guida il lettore attraverso i punti salienti della biografia del Grossi e della sua vocazione artistica, sia l’apparato critico, ottimo per rigore e ricchezza di informazioni.

Daniela Maldini