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Tommaso Valperga di Caluso e la cultura sabauda tra Sette e Ottocento

Gian Franco Gianotti (a cura di)
Bologna, il Mulino, 286 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2017

Questi atti di un convegno organizzato dall’Accademia delle Scienze di Torino il 14 maggio 2015 si pongono due obiettivi: «tentare un bilancio imparziale di un intellettuale insofferente di steccati disciplinari» e «contribuire ad una sorta di rilancio degli studi sul dotto abate e il suo mondo» (p. 8).
Così Paolo Boffo analizza gli sforzi secolari dei Valperga di costruire al casato una plausibile «genealogia incredibile» arduinica (pp. 46-47), ma anche propone di vagliarli criticamente per andare oltre la ripulsa o ambigue etichette di «dubbia genuinità». Partendo da un documento inedito sino al 2011, Milena Contini, dal canto suo, offre un profilo dell’abate soprattutto nella fase giovanile (poco nota) con le sue permanenze di ufficiale di marina a Malta, nelle quali sviluppa una passione per gli studi linguistici che lo porterà alla vita religiosa dei Filippini e nella loro ricchissima biblioteca napoletana. Cammino seguito da una lettura «in filigrana» del mondo e delle relazioni del Caluso ricostruiti attraverso un appassionante viaggio di Laura Tos tra i suoi libri e le sue (varie) biblioteche. Su quella di Masino torna poi, nella seconda parte, Gian Paolo Romagnani vedendovi «uno specchio della cultura aristocratica subalpina di metà settecento», inclusa «tutta la produzione del grande illuminismo francese» (p. 259). Chiude la prima parte l’analisi di Arnaldo Di Benedetto del rapporto tra l’abate e Vittorio Alfieri, anche coi momenti di diversità di opinione.
La seconda parte guarda allo straordinario eclettismo del Caluso. «Quasi una figura di periodo rinascimentale» (p. 101) per Franco Pastrone, che lo mostra intento a fare della matematica un mezzo per «dare solido fondamento» alle sue idee filosofiche, così come, sottolinea Attilio Ferrari riferendo un passo del Boucheron, nell’astronomia vedeva precise leggi matematiche (pp. 136 e 139) ed essa trovava eco anche nelle sue opere poetiche (dello scherzo epico Masino tratta Michele Curnis alle pp.177-224), come segnala anche Fabrizio Angelo Pennacchietti (p. 145) trattando del Caluso «rinomato cultore di lingue orientali» nell’ateneo torinese (p. 141), con capacità filologiche cospicue e vasti contatti che, sottolinea Gianmario Cattaneo, toccarono anche il variegato mondo del cardinale Stefano Borgia. Massimo Mori vede il pensiero del Caluso «oscillare perennemente tra spiritualismo e materialismo» (p. 113), tipico il suo concetto di volontà (pp. 125 ss.): un esempio dei «grandi nodi problematici dell’epoca» (p. 110). Chiude il quadro una densa analisi del curatore del rapporto dell’abate coi classici nelle composizioni poetiche latine e della sua eredità bifronte, attraverso gli allievi Boucheron e Peyron.

Adriano Viarengo