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Tornare in Italia. Come i prigionieri trentini in Russia divennero italiani (1914-1920)

Simone Attilio Bellezza
Bologna, il Mulino, 236 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2016

I centenari producono in genere molte sintesi e più raramente ricerche nuove e originali.
Il libro di Bellezza appartiene a questo secondo gruppo e si distingue per l’ampiezza
e la varietà delle fonti consultate e per alcune interessanti novità interpretative.
L’a. ritorna su un tema già affrontato in passato da altri studiosi. Lo fa rileggendo la
documentazione russa, basandosi su settanta ego-documenti di soldati trentini e soprattutto
interrogando le sue fonti sulle trasformazioni dell’identità nazionale.
Il volume è organizzato in quattro capitoli che si occupano di una anabasi – quella
verso il fronte e la prigionia (che riguardò rispettivamente 60.000 e 12.500 soldati) – e di tre
catabasi, o meglio di due nuove dislocazioni (quella dei prigionieri verso l’Italia tra il 1916
e il 1917 e quella dopo il 1917), e un ritorno (quello verso il Trentino dopo Brest-Litovsk).
Il primo capitolo è dedicato alla chiamata alle armi nell’esercito austro-ungarico dei
soldati trentini e alla loro partenza per il fronte galiziano. Qui l’attenzione si concentra sui
sentimenti, le paure, le attese così come emergono da scritture spesso non destinate alla
pubblicazione e che rivelano stati d’animo in linea con quelli descritti in migliaia di altre
pagine relative alla prigionia di guerra. In Trentino, come un po’ dappertutto in Europa,
si va in guerra con un misto di rassegnazione e ubbidienza e con un’identità patriottica
piuttosto flebile.
Il secondo capitolo sposta l’attenzione sugli attori istituzionali – le autorità russe e
quelle italiane – e nuovamente sui soldati messi di fronte alla scelta tra il restare nel campo
di prigionia, lontano dal fronte della battaglia, e l’incognita di un «rimpatrio» in Italia.
L’ingresso in guerra dell’Italia fa infatti dei soldati austro-ungarici italofoni oltre che una
potenziale merce di scambio con l’alleato italiano uno strumento per dividere e indebolire
il nemico. Sono qui affrontate le questioni diplomatiche e di diritto internazionale
che il tentativo russo di sfruttare l’irredentismo italiano comportò ma anche il ventaglio
variegato di reazioni dei soldati trentini di fronte alla prospettiva della liberazione e del
«ritorno» in Italia.
Il terzo capitolo è dedicato all’italianizzazione dei soldati trentini che optarono per il
passaggio all’Italia e il quarto al rientro nei paesi natii.
Partendo dalle acquisizioni più recenti sul tema della nazionalizzazione, dalla territorialità
delle identità alla prevalenza delle piccole patrie, la ricerca di Bellezza rivela innanzitutto
quanto la componente irredentista fosse inizialmente minoritaria tra gli italiani
d’Austria. Rivela poi «la polisemia dell’aggettivo italiano negli scritti dei prigionieri» (p.
22). Mette in evidenza l’incontro tra un patriottismo italiano dal basso e «un processo di
italianizzazione dall’alto» (p. 220), ma anche le resistenze all’italianizzazione di chi nelle
sofferenze della guerra trovò solo ulteriori motivi di attaccamento alla patria territoriale e
alla religione e ci restituisce uno spaccato variegato e problematico dei processi di costruzione
dell’identità nazionale

Daniela Luigia Caglioti