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Totalitarisme fasciste

Marie-Anne Matard-Bonucci
CNRS éditions, 319 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2018

L’a. ripropone a un lettore francese il tema del totalitarismo, sostenendo le caratteristiche
totalitarie del fascismo italiano, che ritiene essere state emarginate dalla prima
storiografia italiana sul tema. Ella sostiene, in un’ampia Introduzione, che il ritorno a un
dibattito sulla natura totalitaria del fascismo sia indicato non solo con la svolta storiografica
data dall’opera di Renzo De Felice e poi di Emilio Gentile, ma anche dal contributo
delle scienze sociali e dell’antropologia e, in ultima istanza, da un deciso apporto della
storiografia internazionale, pur riconoscendo che la recente seppur matura storiografia
anglo-americana (Robert Paxton, Richard Bosworth, Roger Griffin e altri) ha sostenuto
che il progetto totalitario fascista sia stato sostanzialmente fallimentare rispetto alle sue
intenzioni originarie, e piuttosto ispiratore ed esempio per teorie sul totalitarismo. L’a.
ritiene pertanto che riflettere su questa categoria, alla quale il fascismo italiano aspirò,
sia oggi importante non solo per l’ambiente storiografico ma anche per la società civile
italiana, per la quale il pericolo di banalizzazione o peggio di riabilitazione del passato fascista
è un serio pericolo. L’a. dunque sceglie di verificare l’efficacia progettuale dell’utopia
totalitaria: «Il totalitarismo fascista non fu solamente un sogno ma anche una realtà che
sconvolse la vita degli Italiani» (p. 9).
Partendo da una serie di articoli editi arricchiti da pagine inedite, l’a. individua un
processo evolutivo del totalitarismo nella società italiana attraverso una progressiva radicalizzazione,
basata sull’esercizio della violenza, sulla cultura e sulle «politiche della razza».
Se la parte centrale dedicata alla Cultura e alla società a passo romano appare piuttosto un
lavoro in fieri (con alcuni temi interessanti quale la satira che il fascismo produce e induce
come arma di critica), la prima e la terza parte dedicate alle culture della violenza (interna,
coloniale e di guerra) e sui razzismi e l’antisemitismo (tema sul quale l’a. lavora da tempo)
si mostrano particolarmente efficaci per dimostrare la tesi iniziale, che «in questo sogno,
spesso incubo, di rifondazione totale dell’individuo e della società e nei mezzi applicati
per pervenirvi risiede la dimensione totalitaria del regime fascista» (p. 10).
L’insieme del lavoro convince anche riluttanti, come colei che qui scrive, a intendere
il fascismo come «totalitarismo» senza annacquarlo con aggettivazioni quale «imperfetto»
per sottrarlo a generalizzazioni passate. Apprezzabile inoltre in questo lavoro l’aver incluso
nell’analisi anche il periodo della guerra e di Salò, per meglio sostenere l’aspirazione verso
un totalitarismo non solo con la violenza, ma della violenza.

Patrizia Dogliani