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Ulrich Ladurner – Solferino. Storia di un campo di battaglia – 2010

Ulrich Ladurner
Bologna, il Mulino, 124 pp., € 12,00 (ed. or. St.Poeltne-Salzburg, 2009)

Anno di pubblicazione: 2010

Nella collana «Intersezioni» (e il titolo di collana è importante) compare questo inusuale e piacevole libretto, che bene ha fatto la casa editrice a far tradurre. La battaglia di Solferino (24 giugno 1859) vide opposti franco-sardi e austriaci, insieme circa centomila uomini, con prevalenza numerica dei primi. Dal punto di vista politico, con la vittoria di Napoleone III e di Cavour veniva fatto un passo decisivo verso l’Unità d’Italia. Dal punto di vista storico-militare, fra l’altro, la campagna si segnalava per la possibilità di far affluire le truppe francesi in tempi e quantità decisive sul campo di battaglia. Le perdite furono notevolissime, e il pesante fardello risultò aggravato dal fatto che comandanti ed eserciti non vi si erano preparati. Da Solferino Henri Dunant prese a pensare alla costituzione di un’organizzazione e di un diritto internazionale indipendente che tutelasse le vittime della guerra: sarebbe stata la Croce rossa internazionale.Ma nel libro questo non c’è direttamente o in primo piano. Il Risorgimento italiano non si sente, la politica è tutto sommato lontana, e per certi versi lo è la storia della tecnica militare. L’a., meranese, giornalista del settimanale tedesco «Die Zeit», si basa sull’inedito diario di un suo avo, che prese parte alla battaglia dalla parte degli austriaci, e facendosi guidare da questo documento e da varie letture storiche compie una perlustrazione evocativa dei luoghi: appunto, come dice il sottotitolo, fa la «storia di un campo di battaglia». Il volume quindi non narra i combattimenti, ma l’esperienza anti-italiana dell’avo, le sofferenze dei civili di Solferino, la memoria della battaglia, la sua importanza per i potenti, i suoi echi più lontani (emigrati italiani si stabilirono in Algeria), il seme della futura Croce rossa, e – in pagine ad avviso di chi scrive notevolissime – l’impressionante ossario che la battaglia ricorda. Il fulcro dell’attenzione rimane insomma a quei seimila morti e quei quasi venticinquemila feriti che alla lunga Solferino resero famosa, di certo assai più che alla seconda guerra d’indipendenza italiana.Niente storia militare-evenemenziale, quindi, niente storia politica, nessun pathos risorgimentalista. Questo evocativo reportage potrebbe un po’ contrastare con chi sostiene che il Risorgimento italiano, come ogni nazionalismo, sia al fondo nient’altro che «sangue e suolo». Ma a caratterizzare il volume è soprattutto la pietas per quei tanti poveri morti e feriti, è una sintonia verso la vittima in sé, che aleggia in queste pagine, all’intersezione fra documento, storia e giornalismo. Un libro che non è indirizzato agli storici, ma che gli storici dovrebbero leggere per evitare che – dimenticandosi delle vittime – la loro storia s’inaridisca.

Nicola Labanca