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Umberto Coldagelli – Vita di Tocqueville (1805-1859). La democrazia tra storia e politica – 2005

Umberto Coldagelli
Roma, Donzelli, pp. 340, euro 24,50

Anno di pubblicazione: 2005

Studioso di Tocqueville, di cui ha curato Il viaggio in America (Milano, Feltrinelli, 1990), l’edizione degli Scritti, note e discorsi politici (Torino, Bollati Boringhieri, 1994) e l’edizione completa dei Viaggi (Torino, Bollati Boringhieri, 1997), Coldagelli ne ricostruisce qui la biografia intellettuale e politica, lungo il filo di una cifra interpretativa che fa del suo lavoro un contributo originale nello sterminato panorama degli studi dedicati all’autore della Démocratie en Amérique e de L’Ancien Régime et la Révolution (di recente arricchito in occasione del bicentenario della nascita).
L’autore rovescia l’usuale procedimento critico, che guarda al pensiero di Tocqueville trascurando come marginale la sua attività politica, cui pure egli non solo si dedicò totalmente per più di un decennio, dall’elezione alla Camera dei deputati nel 1839 fino al colpo di Stato del 1851, ma che considerò la sua vera vocazione, o meglio il campo d’applicazione della sua ?nuova scienza politica?. Se in America egli aveva esplorato le condizioni in cui si stava realizzando il moto ?naturale? della storia verso l’eguaglianza delle condizioni, l’indicazione che ne aveva tratto era che solo l’?arte? politica potesse disseminare ?questo percorso dei punti di arresto indispensabili al radicamento della libertà? (p. 159). Nel capitolo IV, intitolato La politica come argine della storia, l’autore analizza dunque l’attività politica di Tocqueville come finalizzata alla creazione di un moderno partito conservatore, lontano dal chiuso conservatorismo censitario del liberalismo orleanista, ?un partito appunto capace di opporre un’intelligente funzione ?difensiva’ al torrente democratico e di valorizzarne al massimo grado tutte le realizzazioni compiute sul piano delle libertà civili a partire dall’Ottantanove? (pp. 211-212). Insomma, una prassi politica di grande coerenza, e che non di rado illumina anche le aporie della riflessione teorica.
Va detto che, in virtù di quest’approccio, Coldagelli insiste, assai più di altri, sul conservatorismo di Tocqueville. In particolare è a suo giudizio ?la totale estraneità dalla sua logica argomentativa degli effetti sociali provocati dal capitalismo industriale? (p. 122) ? indubbiamente uno dei punti ?ciechi? della sociologia tocquevilliana (ma anche, a mio parere, il prezzo pagato per la straordinaria lucidità dispiegata nella visione prospettica della società di massa) ? a costituire l’aporia di fondo del suo progetto: perché, se la scienza gli mostrava che il ciclo democratico non si sarebbe arrestato dinanzi all’assetto borghese, ?l’arte dal canto suo doveva riuscire a sottrarre a questa inesorabile dinamica di trasformazione un nucleo di valori permanenti atti a vivificare le moeurs necessarie alla stabilità di una società finalmente liberata da ogni incontrollabile soprassalto rivoluzionario? (p. 159). Ed è ?sull’impossibilità di sradicare la tradizione rivoluzionaria? che si è consumato il fallimento del disegno politico di Tocqueville, certificato, per così dire, dalla sua vicenda del 1848, quando egli ?finì per ergersi come il più lucido e conseguente portavoce del partito dell’ordine? (p. 246).

Regina Pozzi