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Un profilo politico fra cattolicesimo e nazione (1857- 1942)

Matteo Baragli, Filippo Crispolti
Brescia, Morcelliana, 424 pp., € 33,00

Anno di pubblicazione: 2018

L’a. ricostruisce la biografia storica di Filippo Crispolti (1857-1942), attraverso la quale ripercorre alcuni momenti significativi del rapporto tra Chiesa cattolica e l’idea di nazione tra ’800 e ’900.
Crispolti, esponente di spicco del movimento cattolico, giornalista e politico, fu impegnato fin da giovane in testate conciliatoriste come il «Journal de Rome» e il «Corriere di Torino». Fu in seguito redattore capo dell’«Osservatore Romano» e cofondatore del primo quotidiano cattolico nazionale, «L’Avvenire d’Italia». Nei suoi articoli Crispolti argomentò la possibilità di un «patriottismo cattolico» che individuava nel papato e nell’anima cattolica degli italiani il centro di aggregazione delle differenti peculiarità regionali, senza mettere in discussione il non expedit e la totale obbedienza all’indirizzo della Santa Sede.
L’adesione agli ideali nazionalisti divenne sempre più manifesta in concomitanza con la guerra di Libia e con la creazione del trust della stampa cattolica (la Società Editrice Romana) assieme a Grosoli. Negli scritti di questo periodo Crispolti delineò il suo progetto culturale che consisteva nel dimostrare l’apporto della religione cattolica nello sviluppo del patrimonio nazionale, riconoscendo nel cattolicesimo il tratto distintivo dell’identità italiana, sola tradizione unificante della nazione.
Durante il primo conflitto mondiale i cattolici nazionali consacrarono il tema della nazione nell’ambito del discorso cattolico sulla guerra. Nel 1919 diedero il loro appoggio al Partito popolare, a cui aderì anche Crispolti e di cui i giornali della Ser furono i principali organi di stampa. Per il giornalista si trattava di fare del Partito e della stessa democrazia liberale un uso strumentale per far recepire allo Stato liberale le istanze del clerico-moderatismo. Fu deputato del Ppi dal 1919 al 1921 e nel 1922 venne nominato senatore.
In nome dell’interesse nazionale Crispolti fu da subito favorevole alla collaborazione tra cattolici e fascismo, caldeggiando il sostegno del Ppi al governo Mussolini. La politica spregiudicata del fascismo volta a conquistare il favore dei cattolici e a rendere superflua l’esistenza di un partito d’ispirazione cristiana sedusse i cattolici nazionali e lo stesso Crispolti. Nel 1923 diede le dimissioni dal Ppi e scrisse un saggio in cui espose il suo punto di vista sulla «revisione» nel Partito, che doveva a suo parere accogliere l’opportunità storica che il fascismo costituiva per eliminare tutta la tradizione liberale europea.
Nel 1924 Crispolti aderì senza più indugio alcuno al fascismo, divenendo uno dei promotori del Centro nazionale italiano, la forma organizzata del clerico-fascismo. Tale accentuazione di sentimenti filofascisti non gli permisero di cogliere il livello di deterioramento dei rapporti tra le gerarchie cattoliche e il Centro nazionale. Nel 1928, infatti, Pio XI condannò il Centro.
Dopo aver applaudito alla Conciliazione il suo ultimo atto politico fu l’appoggio alle
leggi razziali del 1938. Morì nel 1942.

Raffaella Perin