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Una biografia intellettuale di Mario Einaudi. Cultura e politica da sponda a sponda

Andrea Mariuzzo
Firenze, Leo S. Olschki, 388 pp., € 45,00

Anno di pubblicazione: 2016

Mario Einaudi, afferma l’a., è stato un «esule antifascista, produttore di conoscenza
negli studi politici e sociali, organizzatore culturale», la cui biografia è un filtro attraverso
cui penetrare nella storia politico/intellettuale di tanta parte del ’900. Mario (1904-1994)
era membro di una famiglia di grande rilievo, con le torreggianti figure del padre Luigi
e del fratello minore Giulio, che ne hanno quasi messo in ombra la figura. Una famiglia
che era al contempo risorsa che contribuì alla sua formazione tra Torino, Londra, Berlino
e Harvard; dialogo, arricchente anche se non sempre concorde, come nel diverso giudizio
sul New Deal, decisamente sospetto agli occhi antistalisti di Luigi, e invece nettamente
positivo per Mario che, emigrato negli Stati Uniti nel 1933 per non prestare giuramento
al regime e per evoluzione coerente con il suo cosmopolitismo, riteneva che la giustizia
sociale rooseveltiana fosse essenziale al sostegno della democrazia nella sfida con i totalitarismi.
La famiglia infine come preoccupazione, che moderava l’esplicitezza delle sue
dichiarazioni antifasciste mentre il regime intimidiva chi era restato in Italia.
L’interpretazione dell’a., in un libro ricco di documentazione primaria e molto dettagliato,
ha alcuni capisaldi. Mario si tenne ai margini dei circoli dell’antifascismo politico
italiano in esilio, che riteneva slegati dalla realtà della penisola e astrattamente radicali.
Riteneva che il fascismo non esaurisse l’Italia e la classe dirigente italiana, come dimostra
il suo sostegno all’opposizione intellettuale di Benedetto Croce e di suo padre, rimasti
nel paese per mantenere accesa una fiaccola liberale anche a costo di compromessi con il
regime.
La cifra caratterizzante di Mario Einaudi, sottolinea l’a., non sta tanto nell’attivismo
antifascista, ma nella costruzione di cultura politologica e sociale che ne fa un vero
anticipatore, radicato nei paesaggi intellettuali transatlantici, impegnato a spiegare agli
europei la democrazia americana e agli americani le necessità dell’Europa che usciva dal
totalitarismo e dalla guerra. Il suo itinerario ideale va dal liberalismo europeo al liberalism
sociale in stile anglo-americano dopo il trasferimento negli Usa, e infine al liberalism della
guerra fredda, che mantiene l’afflato sociale del New Deal in un contesto nettamente
anticomunista.
Il suo lascito più rilevante sta quindi nelle sue opere di studioso impegnato sui
comunismi europei, sulla condizione politica in Italia e Francia durante la guerra, sul
New Deal. Studi coerenti con la sua opera di promotore dell’internazionalizzazione dello
studio della politica al Center for International Studies della Cornell University, dove
visse e insegnò fino al 1974 e che oggi porta il suo nome, e della political science realista
americana nel quadro europeo, ad esempio con la costituzione nel 1964 a Torino della
Fondazione Luigi Einaudi.

 Maurizio Vaudagna