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Una nuova politica per il Meridione. La nascita del quarto centro siderurgico di Taranto 1955-1960,

Onofrio Bellifemine
Bologna, il Mulino, 171 pp., € 16,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il volume di Bellifemine ripercorre il contrastato processo decisionale che condusse
alla realizzazione del quarto centro siderurgico nazionale a Taranto. La periodizzazione
centrale del lavoro abbraccia l’intera seconda metà degli anni ’50 fino al 1960, anno in
cui venne posata la prima pietra del nuovo stabilimento.
Attraverso le vicende che portarono alla costruzione dell’Italsider nella città ionica,
la ricerca intende approfondire l’analisi delle trasformazioni che stavano intervenendo in
seno alla politica economica italiana, anche in conseguenza dei mutati rapporti tra il nuovo
corso fanfaniano della Democrazia cristiana e i gruppi dirigenti dell’impresa pubblica.
Posto infatti che né le resistenze di industriali privati come i Falck né i progetti della Fiat
valsero a interdire un maggiore protagonismo pubblico nel settore siderurgico, la scelta
di collocare a Taranto un nuovo stabilimento si rivelò un esito piuttosto sofferto, attorno
al quale si consumò un duplice scontro. Un primo, tutto interno all’industria di Stato, si
realizzò tra le opposte soluzioni che Pasquale Saraceno, direttore centrale dell’Iri, ed Ernesto
Manuelli, direttore generale e poi presidente della Finsider, fornirono al problema
del potenziamento della produzione siderurgica nazionale, conclusosi con il prevalere
dell’opzione di un nuovo centro a scapito del potenziamento di Genova o Bagnoli. Il
secondo conflitto si verificò tra i vertici della Democrazia cristiana e la dirigenza pubblica,
il cui esito consistette in un sensibile spostamento delle polarità essenziali dell’industria
di Stato, costretta a inglobare finalità più marcatamente sociali e di recupero dei divari
territoriali in una linea che, fino a quel momento, era stata tradizionalmente ispirata da
criteri economici e aziendali.
Le dinamiche e i protagonisti essenziali di questa transizione vengono tratteggiati
ricorrendo a un insieme ben equilibrato di fonti d’archivio e a stampa, che ha consentito
un approfondito livello di indagine. Il lavoro di Bellifemine ha inteso tuttavia affrontare
anche il rapporto nazionale-locale, soprattutto attraverso il tentativo di ricostruire l’atteggiamento
delle classi politiche e dirigenti pugliesi, in primo luogo della Dc, dinanzi alla
prospettiva di un potenziamento dell’intervento pubblico per l’industrializzazione. Gli
avvicendamenti tra gruppi dirigenti che, su questa opzione, si produssero specie in seno al
partito cattolico pugliese sono correttamente registrati nel corso della trattazione.
Nell’economia del lavoro rimane forse sullo sfondo un fattore di importanza fondamentale
in tutta la vicenda del quarto centro siderurgico di Taranto, ovvero la prospettiva
dell’ingresso nel Mercato Comune e il suo definitivo compiersi, che esercitò un’influenza
per nulla trascurabile nelle grandi scelte operate dalla classe politica e dal management
pubblico riguardo lo sviluppo della siderurgia italiana.

Antonio Bonatesta