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Una patria per le donne. La mobilitazione femminile nella Grande guerra

Augusta Molinari
Bologna, Il Mulino, 249 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2014

Un tema che negli ultimi anni è stato oggetto di particolare attenzione è quello del coinvolgimento femminile nella mobilitazione civile e patriottica. Le ricerche sulle infermiere, sulle maestre e, con questo volume, sull’attività di tante donne della piccola e media borghesia nei comitati di mobilitazione civile e di assistenza, hanno rivelato le dimensioni e i caratteri di un impegno a lungo sottovalutato e ne hanno messo in rilievo le valenze emancipatorie.
L’interesse dell’a. si rivolge sia alle intellettuali, alle donne che guidavano le organizzazioni femminili, le «imprenditrici morali della guerra», sia all’impegno «silenzioso e discreto» di tante donne «comuni», le «operatrici sociali» della patria (p. 11). Il senso del dovere verso la nazione e verso gli strati più indifesi della popolazione coinvolse le convinte interventiste, ma anche molte di coloro che non accolsero la guerra con entusiasmo. Nell’alleviare le sofferenze causate dalla guerra esse trovarono sollievo al proprio senso di isolamento e di impotenza, un impegno che diede loro una condizione di «temporanea cittadinanza» e che rappresentò «un riconoscimento indiretto di diritti» (p. 11). Riunite in centinaia di associazioni, si prodigarono in opere di assistenza all’infanzia e alle vedove; attraverso gli uffici notizie tennero i collegamenti tra il fronte e le famiglie, agevolarono la distribuzione dei sussidi e della lavorazione degli indumenti per l’esercito, offrirono in vari modi conforto morale. Benché in misura assai inferiore rispetto ai centri settentrionali, esse furono attive anche nelle città del Sud e delle Isole.
La guerra trasformò i tradizionali ruoli di cura in pratiche di assistenza di massa e pose le basi per l’affermazione di nuove professionalità; proprio a partire dal conflitto, infatti, le attività di assistenza, e in particolare quelle di infermiera e assistente sociale, divennero professioni femminili. L’attivismo nel campo dell’assistenza, inoltre, fu un’occasione per far assumere valore sociale alle competenze legate alla domesticità, stimolò l’ingegno e la creatività delle donne .
Il volume dunque getta una luce nuova sulla mobilitazione delle donne, sulla realtà sociale urbana, documenta il progressivo superamento della beneficenza, riflette sui significati attribuiti alla maternità nel corso della guerra e apre prospettive nuove di ricerca.
Se infatti l’a. ha ricostruito l’impegno di tante «donne comuni» delle classi medie – maestre, impiegate, casalinghe, studentesse –, poco ancora conosciamo del rapporto tra donne di classi sociali, cultura e condizioni di vita diverse; resta ancora da percorrere quella lunga strada che intercorre tra messaggi, comportamenti e modi di pensare al di là dei discorsi politici, patriottici o assistenziali. Quali furono i sentimenti con cui le donne delle classi popolari accolsero l’assistenza? Come recepirono i messaggi della propaganda che si insinuavano attraverso l’aiuto? Sono questi gli interrogativi che la lettura del volume suggerisce e ai quali la storiografia dovrà ora rivolgere la propria attenzione

Bruna Bianchi