Cerca

Una scuola di teologia per laici. Le settimane sociali di cultura religiosa di Camaldoli nella storia della Chiesa e della società italiana (1936-1946)

Tiziano Torresi (a cura di)
Camaldoli, Edizioni Camaldoli, 336 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2017

Il volume raccoglie gli atti di una giornata di studi tenutasi a Camaldoli nell’agosto 2016. Con nuovi apporti archivistici si approfondisce il ruolo delle settimane di cultura religiosa del Movimento laureati di Azione Cattolica nella formazione di una generazione di giovani intellettuali capaci di incidere nella società. Il Movimento, creato da Igino Righetti, si giovava della guida spirituale di Giovanni Battista Montini. Entrambi erano stati punti di riferimento della Fuci (il primo quale presidente e il secondo quale assistente ecclesiastico), e furono estromessi tra il 1933 e il 1934.
Le settimane nacquero nel 1936 – nel clima del consenso pervasivo al fascismo – come uno «spazio sicuro e appartato dove dedicare tempo e uomini a ricucire lo strappo tra la cultura e lo spirito» (Torresi, p. 46). In quel luogo appartato era possibile abbandonare qualche elemento di prudenza, come ricostruisce Margotti riguardo alla partecipazione di don Mazzolari – già noto per il suo antifascismo, e soggetto a minacce e censure – alla prima settimana del 1936.
L’itinerario delle settimane culturali rispose a una esigenza: porre le basi di un dialogo tra teologia e cultura in modo che la prima, soprattutto grazie a un rinnovato ruolo del laicato, potesse divenire un elemento di raccordo fra la Chiesa e il mondo. È la cifra del progetto montiniano: «formare un laicato colto capace di padroneggiare gli strumenti della teologia», all’interno di un progetto teso a «rinnovare la cultura teologica italiana» con l’apporto di letture dei maggiori autori francesi e tedeschi (Saccenti, p. 237).
Nei contributi si conferma il ruolo di Montini quale realizzatore di una proposta culturale e spirituale capace di incidere sulle coscienze di una generazione colta. Quel progetto aveva un valore implicitamente politico, visto che la formazione di una élite attrezzata culturalmente e teologicamente, pur non avendo una ricaduta di carattere alternativo al regime, sosteneva una presenza incisiva degli intellettuali cattolici nel mondo della cultura e delle professioni, gettando il seme per una nuova classe dirigente. È all’interno di questo mondo – con le settimane che si susseguono fino alla sospensione del periodo della guerra – che si elaborò la cultura che avrebbe prodotto il Codice di Camaldoli, e il suo contributo verso un sistema economico regolato, capace di concretare una maggiore giustizia sociale. Contributo che avrebbe rappresentato poi un punto di dibattito e suggestioni in varie stagioni della Repubblica, almeno fino alla metà degli anni ’90 (Persico, p. 273).
Camaldoli, poi, grazie ad alcuni protagonisti della vita politica, come Fanfani e La Pira, divenne – come ricostruisce Di Giuseppe – uno snodo spirituale in cui si intrecciano tanti scenari internazionali. Infine va rilevato come la vicenda delle settimane di cultura abbia inciso anche sull’allora spenta realtà camaldolese, incrinando il muro di separazione tra monastero e mondo e rigenerandone la vocazione.

Augusto D’Angelo