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Ursula Lüfter, Martha Verdorfer, Adelina Wallnöfer – Wie die Schwalben fliegen sie aus. Suedtirolerinnen als Dienstmädchen in italienischen Städten 1920-1960 – 2006

Ursula Lüfter, Martha Verdorfer, Adelina Wallnöfer
Bolzano, Raetia, 453 pp., euro 35,00

Anno di pubblicazione: 2006

Uno studio sulle domestiche sudtirolesi che emigrano ? «come le rondini» ? verso le grandi città italiane per cercare lavoro durante i primi decenni del Novecento. Un fenomeno migratorio importante che non è possibile quantificare con esattezza e che si esaurisce di fatto subito dopo la seconda guerra mondiale. Con l’annessione del Sudtirolo all’Italia, nel 1918, si intensificano gli scambi con le famiglia italiane. Informazioni e nuove conoscenze diventano gli strumenti principali per trovare lavoro di servizio domestico per giovani donne sudtirolesi in cerca di occupazione. Questo libro colma un lacuna nella storia del lavoro delle donne, ma soprattutto nella storia delle migrazioni. Trovare lavoro presso famiglie italiane significa attraversare confini «stranieri» e fare i conti con contesti politici e culturali conflittuali e con il problema della lingua. I datori di lavoro italiani in questi anni cercano intenzionalmente «ragazze tedesche» che parlino tedesco ? soprattutto con i bambini ? in un periodo in cui questa lingua diventa importante in Italia, mentre viene considerata un idioma nemico nel luogo di origine delle domestiche. La ricerca si basa fondamentalmente su interviste. In appendice le brevi biografie delle ottanta donne intervistate permettono di osservare il diverso impatto del lavoro di servizio attraverso il ciclo di un’intera vita. Il periodo studiato ? quello degli anni del fascismo ? coglie alcuni aspetti nuovi nella storia del servizio domestico e della mobilità geografica femminile. Come viene percepito il clima politico italiano da chi emigra da un contesto reso conflittuale proprio dal fascismo. E come viene vissuta la drammatica scelta imposta dal patto tra Mussolini e Hitler del 1939, quando i sudtirolesi devono scegliere tra conservare la cittadinanza italiana e restare nelle proprie case oppure decidere di appartenere al Terzo Reich e andare via. Si tratta indubbiamente delle parti più interessanti del libro. «Mi sono sempre infuriata per il fatto che gli italiani si siano impadroniti del Sudtirolo, noi non siamo italiani, siamo austriaci » ripete Maria Wunderer ai suoi datori di lavoro milanesi (p. 327). E Sofia Hoechenberger spiega apertamente al suo padrone fascista che «a noi Mussolini non piace». Ma molte considerazioni sul mestiere di servire in casa altrui e soprattutto sulla vicenda delle migrazioni avrebbero richiesto la comparazione con un contesto più ampio della storia del lavoro delle donne. Si sarebbe forse evitato di introdurre la ricerca attraverso il discutibile concetto di un «processo di modernizzazione» per spiegare la mobilità femminile del Novecento (p. 11). Come è ormai noto è stato proprio lo studio del mestiere di servizio a individuare una storia di lungo periodo nella mobilità geografica delle donne. Le migrazioni interne agli Stati italiani preunitari sono state caratterizzate dalla forte presenza delle domestiche e hanno segnato importanti trasformazioni e conflitti nelle strategie individuali e familiari, nelle scelte matrimoniali e anche nell’amministrazione del denaro da parte delle donne.

Angiolina Arru