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Vaincre sans gloire. Le corps expéditionnaire français en Italie (novembre 1942 – juillet 1944)

Julie Le Gac
Paris, Les Belles Lettres et Ministère de la Défense-DMPA, 613 pp., € 29,50

Anno di pubblicazione: 2013

Il volume ricostruisce la storia del Corpo di Spedizione Francese (Cef), la sua formazione nel Nord-Africa, la campagna d’Italia, la memoria e le divisioni del dopoguerra. La vicenda è inquadrata, in una prima parte, nel contesto storico e culturale delle colonie: l’Impero e il mito della Francia civilizzatrice, i rapporti fra francesi-europei e indigeni, gli stereotipi razziali ampiamente riutilizzati nei confronti dei soldati coloniali nel corso della guerra. Quindi l’a. segue il Cef nella campagna d’Italia. Analizza le strategie adottate, il ruolo dei francesi, il rapporto con americani e inglesi, le gerarchie interne. La battaglia di Montecassino, in cui il Cef ebbe un ruolo determinante, è stata una delle battaglie più dure e sanguinose del fronte occidentale. I soldati si sono trovati a rivivere la condizione dei loro padri nella prima guerra mondiale, conquistando il territorio metro per metro con perdite umane altissime. Le Gac confronta anche, attraverso una cospicua documentazione, la condizione dei soldati francesi con quella di inglesi e americani, il diverso atteggiamento dei reciproci alti comandi.
È nota in Italia la vicenda che segue lo sfondamento della linea Gustav con gli stupri di massa ad opera dei goums, i soldati del corpo di montagna costituito per la maggior parte da giovani marocchini appartenenti alle tribù berbere. La storia è finora stata analizzata principalmente dalla prospettiva della popolazione; Le Gac prova a farlo dal punto di vista dei soldati. Alcune delle spiegazioni – la negligenza dei comandanti, l’atteggiamento negativo verso l’Italia vista più come paese di conquista che come paese da liberare, il desiderio di infrangere il tabù della donna europea – sono emerse in questi anni anche in altri lavori, ma l’a. ne fa una trattazione approfondita e convincente e aggiunge un’ultima interessante riflessione: la pratica dei goums è da considerare una razzia, un bottino di guerra, secondo una tradizione dei gruppi guerrieri berberi, che i francesi avevano tollerato e addirittura incoraggiato per combattere le popolazioni ribelli e sul fronte nordafricano verso le popolazioni civili in Tunisia, accusate di collaborazione con i tedeschi. Questo stesso principio «ammesso sul territorio africano, nei confronti di una popolazione africana» fu dunque da quegli stessi soldati considerato legittimo in Italia (p. 453).
Nell’ultima parte del volume viene affrontato il tema della memoria, che viene occultata in Francia da quella gollista e dalla Resistenza. I reduci dalla campagna d’Italia non si sentono riconosciuti. Questo provoca frustrazione e disincanto, rimpianto per la Rivoluzione nazionale promessa da Pétain e distacco dalla madrepatria da parte dei francesi delle colonie. Il risentimento dei soldati coloniali verso la Francia, che non dà loro il medesimo riconoscimento economico attribuito ai reduci francesi e non legittima politicamente il loro contributo, si incontra invece con la lotta per l’indipendenza. La battaglia a fianco del colonizzatore non può certo assurgere a mito e viene dimenticata. Il libro si chiude con le riflessioni sull’impossibilità di una memoria condivisa.

Gabriella Gribaudi